Alle quattro di una mattina di luglio, la luna era tramontata da un’ora, una fonte di luce da Oriente annunciava il giorno: cominciarono a delinearsi lentamente Hua-Huna, con la sua cima tronca, poi Nuka-Hiva, avviluppata di nubi, poi, già colpita da qualche raggio di sole, Hua-Pu. «Sorgevano sul piano dell’orizzonte, come pinnacoli di una chiesa gigantesca, issavano, nello splendore dei raggi del mattino, le insegne adatte per annunciare il mondo delle meraviglie».
Stevenson si sta approssimando alle isole da cui nascerà il suo Nei mari del sud, un libro incantevole, dell’autore di romanzi leggendari. Le pagine registrano il suo arrivo in quel mondo di luce e colori dove avrebbe trovato felicità e salute.
Giunto nei Mari del Sud per curare i polmoni malati, accompagnato dalla moglie, l’amato figliastro Lloyd, la madre, Stevenson si immerge nella realtà delle isole, ascolta le leggende degli hawaiani, lega immediatamente con i piccoli re locali: e dall’ascolto delle loro leggende, scrive racconti meravigliosi sui misteri delle conchiglie, del mare, della voce. Non ancora quarantenne, ricco e famoso dopo il successo mondiale dell’Isola del tesoro, si immedesima, diviene uno di loro. Lo riconoscono e premiano, gli indigeni di Samoa lo battezzeranno Tusitala: il narratore.
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