La vecchiaia è un’attività rischiosa. Sentendosela arrivare addosso dal conteggio dei compleanni, ci si chiede come esorcizzarla e allora si premedita. Il mio piano ha questa strategia: aggredirla. Non lasciare che s’impadronisca del corpo e avviare su tutti i fronti le procedure di contrasto. Nel cranio: leggere, giocare, dalle parole crociate ai giochi di carte, a dama, scacchi, esercitare la memoria ripetendo poesie, canzoni, studiare, per esempio una lingua. Nel corpo: allenarsi di più, in ogni giorno, camminare più di prima e regolarmente, proseguire l’attività sportiva, meglio all’aperto, badare al cibo, al peso, al sonno. Si diventa in vecchiaia gli allenatori di se stessi. A mio favore ho un’assidua applicazione del corpo all’esercizio fisico, dovuto al lungo tempo passato nelle lavorazioni manuali. Fu una disciplina rigorosa, rimasta impressa nelle abitudini, nel risveglio in anticipo sull’alba e nel conseguente crollo a prima sera. Non lascio in sedentaria pace braccia e gambe. E solo dopo averle adoperate, la loro stanchezza è buon segno. Invecchiare è un’attività sperimentale. Ognuno è vecchio per la prima volta.
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