Il "Tito" per gli amici, Astutillo per i fedelissimi della Panini. Astutillo Malgioglio, il «portiere di lotte» per quelli che sanno che oltre i febbrili 90 minuti c'è di più. C'è l'uomo. Il portiere invece, l'estate dell'83 fece il grande salto, dalla Pistoiese alla Roma campione d'Italia: come 12°, il vice di Franco Tancredi. Una sola apparizione, in Coppa Italia, ma tanto le sfide più importanti per lui erano, e rimangono, fuori dal campo. «Dal 1977, dopo ogni partita, correvo dai miei "cuccioli"». Una trentina di bambini distrofici. I cuccioli di "Era 77", un centro di riabilitazione che nell'intitolazione reca i nomi delle donne della sua vita : la figlia Elena, nata nel '77 e la moglie Raffaella. Un impegno che nel becero mondo curvarolo non venne capito. Passato alla Lazio non gli perdonarono i trascorsi romanisti e alla fine di una gara persa all'Olimpico (4-3 con il Vicenza) dalla Nord gli urlarono feroci: «Tornatene dai tuoi "mostri"!». Una pugnalata alla schiena del n.1 generoso. Reazione sanguigna, uscendo dal campo Astutillo sputò sulla maglia. Seguirono sette giorni di cattivi pensieri che presagivano un futuro lontano dagli stadi, e sempre al servizio dei più deboli. «Il calcio non mi ha più cercato, ma il mio impegno per il prossimo e la fede mi hanno reso un uomo felice. Dio ci insegna che basta un sassolino per cambiare il mondo, io non ho smesso un solo giorno di raccoglierli».