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Maggie e la stampa 3D per costruire le scuole

Antonella Mariani giovedì 7 novembre 2024

Tutto è cominciato dieci anni fa da una visione. Maggie Grout aveva 15 anni e nella sua classe di tecnologia, in Colorado, si sperimentava la stampa 3D. Ed ecco la visione: e se la stessa apparecchiatura, su scala più grande, servisse non solo a stampare oggetti ma addirittura i materiali per costruire intere scuole laddove ce ne fosse la mancanza? È grazie alla perseveranza di questa ragazza dai lunghi capelli lisci e scuri, dai lineamenti orientali e dal sorriso aperto, che è entrata poche settimane fa nel ristretto elenco Next Generation Leaders 2024 della rivista Time, se quella visione è diventata realtà. Un sogno che ha origini lontane, fin da quando Maggie neonata fu abbandonata in un cesto in un villaggio rurale della regione dello Hubei, in Cina, trovata miracolosamente, portata in un orfanotrofio e poi adottata a 18 mesi da una coppia statunitense.

È l’«esperienza trasformativa» vissuta che in fondo le ha dato la consapevolezza che tutto ciò che in Occidente a lei e agli altri bambini era garantito – cure, cibo, educazione – in altri Paesi del mondo può essere una conquista. Nel 2005, dunque, Maggie pose le basi per la sua impresa sociale, Thinking Huts (letteralmente “capanne pensanti”): «Ho avuto una illuminazione: si poteva applicare la tecnologia della stampa 3D a una prospettiva umanitaria, per costruire scuole. Così è nato il mio viaggio. Sapevo che sarebbe stato difficile avviare la mia associazione no profit, ma ho pensato che se avessi iniziato da giovane, forse alla fine avrebbe funzionato!». Oggi Maggie ha 25 anni e la sua prima “capanna” è stata completata nel 2022 nel Madagascar centro-meridionale. Entro il 2025 sarà costruito sulla costa occidentale dell’isola un intero campus per 200 studenti, già battezzato Honeycomb, nido d’ape (la stampante è chiamata Queen Bee, l’ape regina, si smonta e si sposta con un container).

Altri 17 Paesi africani hanno fatto domanda per una scuola Thinking Huts. Per costruire ogni “capanna” sul posto, una miscela di cemento viene “stampata” e collocata strato per strato su una base esagonale che può essere modulare come un alveare. Il lavoro richiede meno di un giorno, mentre i tetti e le porte sono realizzati a mano da intagliatori locali in una settimana, con un costo totale che non supera i 40mila dollari. «Adoro il senso di famiglia e comunità implicito nel simbolismo dell’alveare: è ciò che stiamo davvero cercando di comunicare anche nel nostro lavoro: l’istruzione ha effetti a catena all’interno delle famiglie e delle comunità», spiega ancora Maggie. Ciascuna scuola può ospitare fino a 35 alunni, servono molte piccole “capanne”, quindi, per creare un campus scolastico. Si stima che il continente africano abbia bisogno di 9 milioni di aule entro il 2020. «Penso che la stampa 3D possa colmare il gap – dice lei – se altre persone seguiranno questo percorso».

Maggie Grout si è laureata in Sviluppo internazionale e ha scelto dapprima il Madagascar sia per la facilità con la quale il governo accoglie le organizzazioni umanitarie sia per le difficili condizioni in cui versa il sistema educativo: 3 bambini su 4 non vanno alla scuola superiore a causa della lontananza delle scuole e del sovraffollamento delle strutture. «Penso che l’istruzione e le competenze delle persone siano alla base della risoluzione di tutti i problemi del mondo», spiega Maggie. «Cosa direi ad altri giovani come me? Di credere in sé stessi». E poi aggiunge che il supporto della sua famiglia americana è stato fondamentale: le hanno fatto sempre credere che poteva diventare ciò che desiderava.© riproduzione riservata