Con il titolo La dittatura dell'intellighenzia l'editore Gog offre una decina di saggi scritti da Jan Waclaw Machajski fra il 1889 e il 1918, nella limpida traduzione di Andrea Vannicelli, autore anche delle utilissime note di commento (pagine 178, euro 15). Polacco, di formazione marxista, Machajski (1866-1926) criticò il marxismo con le armi dello stesso Marx, facendo gradualmente emergere la propria vena libertaria e anarcoide che non gli procurò un'esistenza tranquilla: fu esule a Zurigo, trascorse cinque anni in Siberia, e sempre guardato con sospetto dai bolscevichi. Trockij conobbe Machajski nel 1902 a Irkutsk e lesse con attenzione i tre quaderni che il polacco pubblicò a proprie spese: «Machajski debuttò con una critica dell'opportunismo nella socialdemocrazia (e ottenne un notevole successo nelle nostre colonie di esiliati). Il secondo quaderno forniva una critica del sistema economico di Marx e conduceva a questa conclusone inattesa: il socialismo è un regime sociale basato sullo sfruttamento degli operai da parte dei lavoratori intellettuali». Nella pertinente prefazione al testo pubblicato da Gog, Lorenzo Vitelli commenta: «I capitalisti, per il rivoluzionario polacco, non sono più esclusivamente i grandi possidenti, i proprietari terrieri, i capitani d'industria. I nemici del proletariato si possono nascondere anche fra i nullatenenti, tra coloro che posseggono un capitale solo simbolico e culturale. Si tratta dei lavoratori intellettuali, "una classe privilegiata della società borghese": ingegneri, funzionari, impiegati nel settore privato, professori e medici, giornalisti e avvocati. Col crescere della produzione capitalista questa classe di organizzatori delle forze produttive ha visto crescere il suo raggio di influenza e la sua importanza nella vita economica». Una posizione non dissimile, continua Vitelli, da quella professata dal padre del sindacalismo rivoluzionario, Georges Sorel; Vitelli cita anche queste considerazioni di Alexandre Skirda, curatore dell'edizione francese di questo volume: «La novità della critica egualitarista di Machajski consisteva nella sua definizione di conoscenza - non più soltanto forza lavoro superiore, particolare, ecc. - ma mezzo di produzione capitalizzato, redditizio per il suo possessore, trasmissibile di generazione in generazione, e principale beneficiario della crescita della produttività capitalista. Essendo le funzioni di direzione e di gestione strettamente legate al potere di decisione politica, gli intellettuali socialisti, nuovi notabili, potevano allora proporsi di dirigere e gestire con profitto la produzione capitalista, privata o collettiva, ma sempre mercantile, lasciando intatto il sistema di sfruttamento, o meglio, perfezionandolo e assicurandone la perennità». Come si vede, Machajski aveva intuito con largo anticipo la nascita dello Stato burocratico.