Macchine agricole, la produzione italiana punta anche i mercati asiatici
Un traguardo ambizioso che ha però più di una ragione d'essere. Basta pensare che l'Asia possiede da sola il 35% dei territori agricoli presenti nel mondo (una percentuale enorme visto che il Nord America copre il 10% del totale della superficie agricola e l'Europa appena il 4%). E non solo, perché proprio l'Asia si trova nella condizione di dover investire in modo consistente per valorizzare questi territori, migliorarne la produttività, soddisfare fabbisogni alimentari crescenti. Si aprono grandi spazi di mercato, dunque, che certamente non si chiudono nemmeno in altre aree del globo. Per questo sempre FederUnacoma sta pensando di incrementare le azioni di promozione in altri paesi come l'Argentina, l'Australia, la Russia e il Sudafrica.
Che d'altra parte occorra fare attenzione alle dinamiche commerciali e alle opportunità che si presentano, lo dice l'andamento dei singoli mercati. I dati sulle immatricolazioni di macchine agricole in Italia mostrano una crescita delle vendite nei primi mesi del 2017. In attivo anche le immatricolazioni in Germania, Regno Unito e Spagna e tornano a correre le vendite in Cina e India, mentre in calo risultano quelle negli Stati Uniti e in Turchia. Mercato altalenante, dunque, almeno dal punto di vista geografico. Ma comunque in grado di far registrare una crescita che va però governata. Con un'attenzione particolare anche alla politica. Nel prossimo futuro lo sviluppo dei commerci di macchine agricole sarà fortemente influenzato da variabili che con la tecnica hanno poco a che fare. Gli esempi più chiari da questo punto di vista sono quelli della Brexit, ma anche delle politiche commerciali annunciate da Donald Trump, i rapporti con la Russia, il clima politico in Turchia e gli sviluppi dei conflitti in Medioriente e nei Paesi arabi. Tutte circostanze che «bloccano piani di sviluppo dell'agricoltura che avrebbero importanti ricadute anche in termini di meccanizzazione agricola». Grande attenzione, quindi, per un settore che rimane una delle punte di diamante della nostra industria e che ogni anno produce per un valore di oltre dieci miliardi di euro ed esporta per quasi cinque.