Ma la nostra storia è forgiata dallo Spirito
Alle soglie della Pentecoste mi colpisce l'immagine presente in un antico manoscritto, a uso liturgico, noto come "Messale di Tours": la comunità degli apostoli si ricompatta attorno a Maria. Il luogo della loro auto-reclusione (secondo il libro degli Atti erano nel Cenacolo a porte chiuse perché ancora timorosi dopo gli eventi della Passione) si trasforma nei pascoli erbosi promessi dal Salvatore. Il cielo s'irradia di fuoco e lo Spirito santo sporge da nubi che sembrano in realtà Cherubini e Serafini, ovvero l'esercito celeste. Si contano tredici teste forse, oltre agli undici, ci sono Mattia e Luca. Maria insegna a Pietro la verità di ciò che sta accadendo: quello smarrimento delle lingue che aveva confuso i costruttori di Babele, quel vento infuocato che aveva incendiato l'Egitto, quel timore che aveva sospinto Elia nel deserto per sfuggire all'ira di Gezabele, ora è qui a confortare il cuore dei discepoli, a renderli capaci di testimonianza e a infuocarli di amore per Dio e per gli uomini.
Sorprende che il primo atto ufficiale della Chiesa dopo l'Ascensione, che segna la dipartita di Gesù, sia stato così pubblico, così aperto a una città cosmopolita. Non potevano continuare a starsene tranquilli dentro a un Cenacolo pregando privatamente senza sbandierare troppo la loro fede? L'antico miniaturista, come l'autore del libro degli Atti degli Apostoli, non la pensava così. Egli voleva educare i fedeli di Tours a non temere nei giorni tristi e di confusione, ma a confidare in quel fuoco che sempre genera vita e calore, chiarezza e lucidità in coloro che gli si affidano, stretti attorno a Maria e alla preghiera. Strettoie e divisioni non sono vinte dalla nostra bravura o dalle nostre capacità, ma dalla forza dello Spirito. In tal modo la Chiesa parla, è vero, nelle molteplici lingue degli uomini, ma per dire l'unica parola di salvezza. Esiste un punto di riferimento certo per la Verità ed è quello che Maria "tiene ancora nel suo grembo".
Forse dovremmo ritrovare il coraggio di rileggere i nostri gesti quotidiani, i proverbi, le tradizioni, gli usi e i costumi, i toponimi, appunto, e le stupende opere che adornano l'Italia in ogni dove, alla luce di quella Parola che ha fatto per secoli la storia dell'Occidente, invece di rivolgersi a specialisti e studiosi che non di rado partono dal presupposto che la verità biblica sia infondata e che la fede sia nemica della ragione.