Adesso basta: con il matrimonio si è giocato anche troppo. Il Foglio ha lanciato (sabato 3) la proposta della “microunione” ovvero di un matrimonio provvisorio, temporaneo e da week end. Si era cominciato a giocare sul serio nel 1970, quando, con l’istituzione del divorzio, la famiglia subì il primo colpo: non era più “per sempre” né era soltanto la morte che poteva scioglierlo.
Il divorzio fu l’avvio della logica laicista, che subito prese di mira la maternità: per “liberare” la donna dal peso di un bambino in braccio si istituirono i consultori familiari e, insieme, si liberalizzò la contraccezione (1975): due premesse per arrivare più tardi alla trasformazione, di fatto, dei consultori in uffici per la licenza dell’aborto di Stato (1978) che cambiò il delitto in un “diritto civile” e ne fece la seconda “conquista di civiltà” (la prima era già il divorzio).
Seguì un lungo periodo di proposte e di polemiche concluso con l’istituzione del “divorzio breve e facile” (2015) e delle unioni civili (2016). Nel frattempo, mortificati dallo Stato nel valore e nella necessità per una più presentabile vita di coppia, il numero dei matrimoni religiosi e civili diminuiva rapidamente: si cominciò, in giro, a dire che gli unici a volersi sposare erano le persone omosessuali che, in ogni modo, riuscirono a ottenere un “para–matrimonio” con l’istituzione dell’”unione civile” (già definita “matrimonio gay”) così “urgente” che non prevede neppure l’obbligo della fedeltà, ma con la speranza (in molti casi già diventata realtà) di un diritto alla filiazione con i noti metodi che riducono il “figlio” a un oggetto ottenibile mediante metodi commerciali.
A livello di Stato, di convinzioni e convenzioni e dunque di cultura, il matrimonio è diventato per tanti un semplice strumento di facili e brevi relazioni di coppie casuali e provvisorie. Per dirlo alla maniera del Foglio, il matrimonio dovrebbe mutarsi in un «momento fondante e necessario per la separazione». Sembra un assurdo, ma per molti la garanzia della separazione è molto più importante dell’unione. Si tratta – scrive il citato quotidiano – di «aggiustare il diritto di famiglia» con «la microunione»: micro ma senza limitazioni di sesso e di repliche, ottenibile senza burocrazie, prorogabile e scioglibile anche in rete con una rapida email al Comune.
LEGALIZZAZIONI
Altra proposta assimilabile alla precedente è «la legalizzazione delle “case chiuse”» già realizzata in Spagna con ottimi (a seconda dei punti di vista) risultati e rilanciata ancora dal Giornale (domenica 4). Risultati non di carattere sociale e morale, ma di utilità prossenetica: la Spagna, che ha riaperto quelle case, è scritto, «può fronteggiare la crisi economica anche grazie ai due miliardi di euro che provengono da quelle case». Avremmo così un moderno Stato “magnaccia”, come si dice a Roma, con espressione molto più efficace di prosseneta.