Ma come può un adolescente amare e sentire propria la letteratura italiana?
Quale adolescente ama e sente propria la letteratura italiana? Colpa della scuola e degli insegnanti. Ma colpa anche di certe caratteristiche generali che hanno dominato per secoli nella nostra letteratura: il precoce classicismo e formalismo e quella che Brevini definisce «agorafobia», paura dello spazio aperto e della vita associata, che affligge la nostra letteratura.
Brevini è oggi il maggiore studioso di poesia dialettale e si capisce che a lungo andare il conflitto sia esploso in lui in senso (perché no?) "populistico". Perciò alla letteratura (in lingua) italiana Brevini contrappone una più vivace, realistica, onesta e popolare letteratura degli italiani, scritta cioè da autori italiani, ma in dialetto.
Il problema riguarda la nostra instabile identità collettiva. Capire perché noi italiani amiamo troppo o troppo poco noi stessi e perché difettiamo di autocoscienza, significa capire le insufficienze etiche e conoscitive della nostra letteratura, sia in lingua che in dialetto. Non si tratta però di contrapporre lo stile comico a quello sublime. Fondamentale è la «mescolanza degli stili» studiata da Auerbach, che ha in Dante uno dei suoi massimi esempi e che Petrarca ha eliminato. Tornano così i problemi posti da De Sanctis e ripresi da Gramsci. Ma negli ultimi due secoli ci è mancato sia il teatro che (salvo eccezioni) il romanzo: cioè la rappresentazione seria del quotidiano. Una lacuna culturale di cui ancora soffriamo.