Lotta al bullismo: la forza degli «anticorpi sociali»
Il ruolo della scuola sarà al centro dell'attenzione dei media e degli esperti. Perché se nelle aule si costruisce la socializzazione e la "coscienza" dei piccoli cittadini di domani attraverso il rispetto reciproco, quando questo rispetto viene cancellato dalla prevaricazione e quando la diversità diventa un fattore di discriminazione, le fondamenta dell'intera società rischiano di crollare. Lo dimostrano i dati Invalsi: gli ultimi disponibili – risalenti al 2015 e basati su interviste fatte ai bambini – indicano che il 10% degli allievi della quinta classe della scuola primaria subisce comportamenti aggressivi o violenti ogni giorno, l'11% almeno una volta a settimana e ben il 59% saltuariamente. E percentuali simili si riscontrano tra gli adolescenti che frequentano il secondo anno delle superiori. Siamo di fronte dunque a un fenomeno che – nell'indifferenza generale – ha raggiunto livelli allarmanti di diffusione e che è molto cresciuto negli ultimi anni: cinque anni prima, lo stesso tipo di indagine registrava quasi la metà delle vittime di bullismo.
Non serve una nuova legge per combattere il dilagare delle diverse forme di bullismo. Serve, invece, che entrino in azione gli anticorpi sociali. L'arma più preziosa contro la violenza nei confronti di bimbi e ragazzi è in realtà l'attenzione continua da parte della "opinione pubblica locale": ovvero da parte di tutti gli spettatori più o meno diretti di episodi di bullismo, dagli insegnanti agli operatori tecnici alle famiglie. Troppo spesso silenti e indifferenti rispetto alla violenza, fino a quando non colpisce i propri familiari.
@FFDelzio