Uno degli aspetti più innovativi dell'enciclica Caritas in veritate è l'aver messo a tema la logica del dono e della gratuità come fattore di sviluppo: «Dobbiamo precisare, da un lato, che la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone a essa in un secondo momento e dall'esterno e, dall'altro, che lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità» (n. 34). Riprendendo un'intuizione di Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, Benedetto XVI sottolinea la necessità di un sistema a tre soggetti: il mercato, lo Stato e la società civile. Ed è appunto la società civile il luogo della gratuità e della fraternità, che integra le competenze del mercato e dello Stato. Giunge autonomamente opportuna la rilettura di un interessante saggio di Tibor R. Machan, intitolato Generosità. Virtù civile (Liberilibri, pp. 176, euro 16), che analizza il ruolo di una virtù morale come la generosità nel contesto sociale e politico. La generosità, spiega Machan, è il compiere spontaneamente azioni buone. È la spontaneità a caratterizzare le azioni generose, le quali procedono dal carattere, non da una scelta calcolata. Pertanto, la generosità è diversa dall'altruismo, che implica mettere gli altri al primo posto, e anche dalla carità, che è deliberata, non spontanea. Solo in una società libera, che riconosce il diritto di proprietà, la generosità trova spazio. Lo Stato sociale, sostiene l'autore, che ripone fiducia «nella "carità" obbligatoria, nella redistribuzione della ricchezza sotto ricatto, non incoraggia in nessun modo la buona volontà tra gli esseri umani. Favorisce invece il risentimento, l'inefficienza burocratica e la frustrazione, ma soprattutto ostacola l'unico sistema in cui può fiorire l'eccellenza morale, ovvero la libera scelta». Particolarmente incisiva è la critica ad Adam Smith, al quale sfuggiva il ruolo della generosità nel perfezionamento di sé, prima ancora che di servizio agli altri. Machan approfondisce il concetto di natura umana e sostiene che un essere umano è «pienamente realizzato» quando incorpora la generosità nell'insieme delle altre virtù. L'autore si trova in autonoma sintonia con Benedetto XVI nell'enfatizzare il ruolo della società rispetto al mercato e allo Stato, anche se certe sottolineature possono parere eccessive: «Lo Stato sociale esprime una visione scorretta dei rapporti umani: il paternalismo tra individui adulti. Alla fin fine è coercitivo, arrogante e offensivo, e niente affatto gentile e generoso. Senza dubbio, a volte, il sostegno viene dal desiderio profondo e impaziente di aiutare i meno fortunati tra noi. Ma persino i sentimenti e le motivazioni più nobili non possono giustificare quel che è stato fatto nel nome del welfare state». La conclusione, tuttavia, fa riflettere: «Uno dei problemi che affrontiamo oggigiorno è l'infiacchimento morale della popolazione, causato da uno Stato paternalista che esige di prendersi la responsabilità delle virtù. Nessuna legge può garantire la perfetta virtù; le garanzie perfette non sono mai disponibili. Ma la legge può creare la struttura entro cui individui liberi e responsabili possano lavorare insieme per raggiungere la virtù». È questo un vigoroso richiamo alla necessità di un substrato morale condiviso dalla popolazione come base dell'ordinamento giuridico e dell'accettazione stessa delle istituzioni. In conclusione, «non possiamo esimerci dal dovere morale di essere generosi semplicemente proclamando che è lo Stato che deve assumersi questa responsabilità. L'abdicazione alla responsabilità personale è uno dei più grandi fallimenti dello Stato sociale moderno».