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Lo spumante non conosce crisi

Andrea Zaghi sabato 13 dicembre 2008
Se la crisi dei consumi alimentari c'è, questa non riguarda certamente i vini spumanti e gli champagne. Si tratta di una indicazione che potrebbe essere anche interpretata come un segno inquietante dei tempi complicati che stiamo vivendo, ma che, sicuramente, indica la diversità del mercato agroalimentare così come le sue potenzialità.
A fare il punto, sul limitare della fine dell'anno, del mercato delle bollicine è stato il Forum Spumanti d'Italia che ha messo in fila numeri sorprendenti. Da qui alla conclusione del 2008, dovrebbero essere consumati circa 110-112 milioni di bottiglie, per un valore di 800 milioni di euro. Circa 12,5 milioni di bottiglie sarebbero importate (per il 92% fra Champagne e Cava). Ma non basta, perché, intanto, è stata osservata anche una forte crescita dell'export nazionale sia in valore (+29%) che in quantità (+11%). A conti fatti, quest'anno le vendite all'estero dovrebbero arrivare a 1,4 miliardi di euro di fatturato per 163 milioni di bottiglie.
Numeri che consolano, quindi, e che fanno ben sperare anche per il futuro oltre che rivelare un sorpasso che potrebbe essere storico. Secondo il Forum, infatti, per la prima volta l'export supera il consumo nazionale. Mentre l'Italia passa al terzo posto al mondo come produttore con presunte 315 milioni di bottiglie nel 2008. Alla base di questo successo, è certamente la qualità delle etichette dei produttori italiani. Ciò che è più importante, però, è l'analisi che di questi numeri può essere fatta e che è basata su due ordini di considerazioni.
Prima di tutto c'è
ancora un margine di crescita dei consumi nazionali per una carenza di conoscenza e di consumo «quotidiano» del prodotto. Etichette più chiare e campagne di comunicazione che riescano a «disancorare» il consumo dalle feste di calendario, potrebbero in questo senso fare molto. Tenendo ovviamente conto che la cosiddetta «variabile prezzo» rimane un elemento importante con cui i produttori " e i distributori " devono confrontarsi.
Ma anche guardando ai mercati esteri sembra che le cose possano ulteriormente svilupparsi. Stando agli osservatori del comparto, infatti, il mercato mondiale riconosce agli spumanti italiani un valore più alto del passato. Il segnale più importante, secondo il Forum, è l'aumento del valore sul mercato indipendentemente dall'andamento dei volumi.
Il caso francese è emblematico: oltralpe esportiamo circa il 10% in meno di bollicine, ma abbiamo aumentato il fatturato del 15%. Insomma, magari delle bottiglie italiane se ne acquista qualcuno in meno, ma non vi si rinuncia anche a costo di sborsare qualche euro in più.
Previsioni positive, dunque, che però per essere confermate hanno bisogno di una forte azione informativa sulle qualità delle etichette stesse, oltre che di politiche commerciali aggressive e concorrenziali. È quello che certamente i produttori italiani sanno fare, i risultati sono lì a dimostrarlo.