Lo schianto, l'immane tristezza e le domande senza risposta
C'è chi si pone domande eterne, come Lucetta Scaraffia: «Qual è il senso del dolore innocente?» e Davide Rondoni: «Precipita sui nostri cuori ancora un grande “perché?”», entrambi sul “Quotidiano Nazionale”. E chi evoca il fantasma del ponte Morandi e di altre tragedie simili. Vittorio Macioce scrive sul “Giornale”: «Quello di cui si può parlare adesso è un'inquietudine che si ripete. È la stessa di quando è crollato il ponte Morandi. C'è qualcosa in questa terra che si è perso. È la cura. È lo scrupolo (...). Troppo spesso si lavora male. Il lavoro è irresponsabile e non ti salva la vita». Stessi argomenti, ma toni – se possibile – ancora più aspri, in Gabriele Cané (“Quotidiano Nazionale”): «Non c'è di mezzo il destino. Qualcosa non ha funzionato. Qualcuno non ha vigilato. Qualche lavoro di manutenzione non è stato fatto, o è stato fatto male. Come al ponte Morandi. Come al ponte crollato sul Magra (...). È l'Italia dell'incuria». La voglia di verità e la rabbia sorda urlano e si mescolano, indistricabili.