Liturgia e «Humanae vitae»: l'apporto di Siri
Sono passati ormai ventuno anni dalla morte di Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova dal 1946 al 1987, cardinale dal 1953 e quindi protagonista di quattro conclavi, presidente della nascente Conferenza espiscopale italiana. Ma la sua figura non è tramontata nell'attuale orizzonte del mondo ecclesiale, ed ecclesiastico.
Due suoi eminentissimi successori nella cattedra San Siro ricoprono oggi ruoli di primissimo rilievo nella Chiesa universale. Uno, Dionigi Tettamanzi, guida la più grande - per numero di parrocchie - diocesi del mondo. L'altro, Tarcisio Bertone, è il Segretario di Stato vaticano e quindi il più stretto collaboratore di Benedetto XVI nel governo della Chiesa universale. L'attuale arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale, Angelo Bagnasco, è stato ordinato sacerdote proprio da Siri. Così come lo sono stati due arcivescovi attualmente in servizio presso la Santa Sede: Domenico Calcagno (segretario dell'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) e Mauro Piacenza (segretario della Congregazione per il clero). Senza contare poi che anche l'attuale Maestro dell'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, monsignor Guido Marini, cominciò gli studi che lo avrebbero portato al sacerdozio sotto l'episcopato di Siri, di cui fu anche l'ultimo "caudatario".
Alla luce di tutto, anche per capire meglio la Chiesa di oggi, è quindi quantomeno prezioso un volume edito recentemente da Marietti (Siri. La Chiesa, l'Italia, pp. 418, euro 25) dove sono raccolti, accompagnati da ulteriori contributi, gli interventi ospitati nel Convegno su "Momenti, aspetti e figure del ministero del card. Giuseppe Siri" celebrato a Genova nel settembre 2008. Il volume viene presentato oggi alle 17,30 a Roma presso l'Istituto Sturzo da Antinio Carioti, Rino Fisichella e Roberto Pertici.
Di rilievo in questo senso è la testimonianza del cardinale Bagnasco su "L'eredità spirituale" di Siri, ma anche i contributi dell'arcivescovo Piacenza sul magistero di Siri sul sacerdozio, di monsignor Antonio Livi sulla "Teologia, filosofia e magistero nella dottrina e nelle iniziative pastorali" di Siri, e di padre Uwe Michael Lang su Siri "liturgo". Particolarmente significativi sono le analogie, segnalate, in questi ultimi interventi, con alcuni aspetti qualificanti l'attuale pontificato, specialmente per quanto riguarda la corretta ermeneutica con cui interpretare il Concilio Vaticano II (p. 300) e alcuni elementi dell'adeguamento liturgico di Siri ripresi recentemente nelle celebrazioni papali (p. 331). Denso di informazioni e notizie anche inedite è poi l'ampio saggio che apre il volume ("Siri e Montini"), scritto dal giovane professore Paolo Gheda, che oltretutto è il curatore dell'opera. Attingendo dall'Archivio Siri, ma anche da quello, recentemente ordinato, della Conferenza episcopale italiana, Gheda traccia con dovizia di particolari il rapporto complesso tra due figure centrali della storia della Chiesa, non solo italiana, del XX secolo. Vengono approfondite le «sintonie» e le «distonie» che hanno caratterizzato questo rapporto. E viene evidenziata la profonda lealtà di Siri nei confronti di papa Paolo VI, anche quando non sembrava condividerne alcune scelte.
Tra le "chicche" del saggio è da segnalare una bozza di lettera di Siri a papa Montini che, se ricevuta, potrebbe aver inciso sull'enciclica Humanae Vitae (p. 87). E anche il fatto che nell'aprile 1978, richiesto dal Papa di indicare una scelta per la successione del cardinale Poma, Siri fece il nome di Giovanni Benelli, da un anno arcivescovo di Firenze (p. 93).