Il libro-salvadanaio
Capisci meglio il valore delle cose quando scompare una persona cara. Nessuno te lo dice ma tra le prove più dure da superare durante un lutto c’è l’esigenza di svuotare, o di “disfare”, come dicono gli anziani, la casa dei tuoi, in cui sei cresciuto anche tu. Non è tanto o comunque non è “solo” questione di commozione o nostalgia, ma di vita sospesa che adesso vorresti chiudere in uno scatolone per non pensarci più. E invece la mente ci torna spesso.
Quando è morta mia madre ricordo che mi bruciavano le mani nel toccare la spazzola con cui si aggiustava i capelli appena fissati con la lacca e un librone dalla copertina in finta pelle. Fino a qualche decennio fa, nell’economia domestica delle famiglie monoreddito, alle mogli era affidata la gestione delle spese quotidiane, e i soldi destinati alla frutta del mercato o al latte venivano nascosti in salvadanai improvvisati. Mia madre usava un volume dalle pagine rosse custodito nel comodino, lasciato sempre aperto. Io sapevo benissimo dove fosse ma non l’ho mai toccato. Solo “dopo” ho scoperto che era un libro di preghiere. E anche se non l’ho letto e per rispetto e timore non lo leggerò, mi piace pensare che inizi e finisca con un’invocazione di lode. Che a legare insieme le pagine tra loro sia l’invito a dire “grazie”.