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La furbetta delle parole
La scrittrice Silvia Balestra lamenta (l'Unità, lunedì 7) che «l'uso ideologico delle parole non è per niente morto e nemmeno malato, anzi gode di ottima salute». Così «i furbetti delle parole ne approfittano». Ci sarebbe molto da dire sull'«uso ideologico» delle parole. Qualche esempio facile: «interruzione volontaria di gravidanza», «pillola del giorno dopo», «eutanasia». La Balestra, però, trascura questi casi di furbizietta linguistica e tira in campo chi «chiama "scuola libera" la scuola privata». Per lei la privata (cioè cattolica) si contrappone alla "pubblica" ed è ideologica e costrittiva. Invece anche le scuole che lei accusa sono pubbliche, perché fanno parte, per legge, del servizio pubblico scolastico, composto di scuole "statali" e "paritarie". Queste ultime realizzano la libertà costituzionale di insegnamento. "Private" sono, invece, quelle non riconosciute. Giochi furbetti di antilingua per screditare ciò che spesso ha più buona fama di ciò che è statale e che allo Stato, nonostante i modesti contributi, fa risparmiare ogni anno sei miliardi di euro. Scuole, cioè "senza oneri per lo Stato".
Lo sciopero dei geni
Neoevoluzionisti in agitazione: nelle pagine "TuttoScienze" della Stampa (mercoledì 2) un ampio servizio sulla stranezza delle scimmie «orangutan» spiegava che il loro Dna «è fermo lì da 15 milioni di anni: sembra incapace di cambiare. Non ci sono duplicazioni, spostamenti o cancellazioni come avviene di solito». Invece «nello stesso periodo il ramo gorilla-scimpanzé-uomo si è differenziato a dismisura». Un inceppamento dell'evoluzione? Oppure solo uno sciopero dei geni contro lo sfruttamento ideologico di cui il Dna è ancora vittima?