Oltre ogni indignazione, oltre ogni immaginazione. Quanto sta accadendo a Roma sulla questione Tari l'imposta dei rifiuti, supera le capacità logiche di ogni cittadino perché appartiene al mondo degli incubi peggiori. La notizia è di qualche giorno fa: i romani – che già pagano la Tari più alta d'Italia, ricevendo in cambio uno dei servizi peggiori del Paese – saranno costretti a subire nei prossimi anni un ulteriore aumento dell'imposta del 4%. Ma più del fatto in sé, colpisce e lascia increduli la motivazione dell'aumento, di fronte alla quale molti cittadini hanno pensato a uno scherzo. Eccola in sintesi: lo stato di sporcizia della città è così evidente e stratificato che Roma Capitale decide di multare Ama per non avere raggiunto gli obiettivi di pulizia previsti dal contratto di servizio. Ma poiché Ama ha sulle spalle un debito pesantissimo, generato anche dalla scarsa capacità di riscuotere le bollette, scaricherà sui cittadini il costo della sua inefficienza mediante un ulteriore aumento delle bollette. Di conseguenza, la stragrande maggioranza dei cittadini romani – quelli onesti, che (letteralmente) turandosi il naso fanno fino in fondo il proprio dovere pagando anche la Tari – sarà ulteriormente "punita" perché dovrà pagare di tasca propria il costo dell'inefficienza dell'azienda municipale. La questione è un caso di scuola dell'intreccio tra cattiva politica e pessima gestione. Da una parte un valzer di arrivi e addii in tutti i ruoli-chiave, dall'Assessorato competente ai vertici dell'Ama, che rende impossibile qualsiasi strategia politica e programmazione operativa. Dall'altra parte un'eredità antica, causata dalla colpevole inerzia della politica romana: il costo della gestione dei rifiuti a Roma è quasi il doppio che in Friuli Venezia Giulia (410 euro circa per tonnellata, contro 241 euro) ed è caratterizzato da scarsa percentuale di raccolta differenziata, imponente flusso di rifiuti urbani esportati in altre Regioni, deficit di impianti di termovalorizzazione dove viene trattato solo l'11% dei rifiuti urbani. A pagare tutto questo sono i cittadini romani in primis, ma anche i connazionali che hanno "diritto" al decoro della loro Capitale e i turisti di tutto il pianeta che continuano ad indicare Roma tra le mete preferite a livello globale. Liberare la Capitale da quest'incubo è possibile. E in una fase in cui finalmente i riflettori dell'opinione pubblica e della classe dirigente diffusa del Paese si stanno accedendo sulla "questione romana", è bene fissare un punto fermo: gestire il bene comune è un mestiere molto complesso, che richiede non soltanto passione civica e onestà (sono pre-requisiti), ma soprattutto competenze manageriali e capacità di scelta non inferiori a quelle necessarie nel mondo privato. Oltre che una visione continua di lungo termine, la "grande assente" del nostro tempo.
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