Le persone scrivono ancora ai giornali. Per fortuna, nostra soprattutto. Ci aiutano a essere certi che qualcuno legge, e non è una cosa scontata. E a volte ci fanno anche sapere che qualcuno non c’è più.
Il signor Claudio Di Felice a un giornale di Torino ha scritto due volte all’anno, per molti anni. Alla pagina dei necrologi. Una lettera d’amore, sempre diversa, alla sua Cristina, la donna che era stata sua moglie. Una lettera a Natale, per farle gli auguri. E una il giorno del loro anniversario di nozze. Gli ultimi auguri erano pieni di sentimenti lunghi: gli erano costati allora dodici milioni di lire, strappati faticosamente alla pensione. Non gli importava: tutti dovevano sapere quanto fosse splendida quella donna. E quanto gli mancava. Quando lei morì, lui a casa non c’era. E il signor Claudio non se lo è mai perdonato: le parole che non le disse, gliele ha ripetute dopo, sul giornale, ogni anno, due volte all’anno. Poi di lui, di loro, non si è saputo più nulla. Il giornale quel necrologio di Claudio ha smesso di riceverlo. Un film senza finale, disperso, senza più righe.
Questa storia l’ho letta tanto tempo fa, e mi è rimasta stampata nella memoria. Abbastanza per dire che dovremmo scriverla anche noi ogni tanto una lettera d’amore alle persone a cui vogliamo bene. E fargliela avere subito. Vale più di mille mazzi di rose, e non appassisce.
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