Leggere e “naufragare”: navigare amaro e dolce, tra bene e male
Talora invece il naufragio è brutto, e così ancora sull'“Espresso” (p.88) leggo «Esorcismi in forma di scrittura» con questo incipit in un solo fiato: «Una cospirazione contro la realtà: è la distopia o la letteratura in genere? C'è una affettazione pelosa nel raro lettore che è soddisfatto d'immergersi in una distopia». Sic! A te pare ovvia da subito la resa del lettore: naufragio! Per qualche altro genere basta un attimo in più, se in un ritaglio di quegli stessi giorni (“Libero”, 11/11, p.15) leggi che sul tema immigrazione «i Cristiani stanno con la Lega»! Perentorio, con semplice motivazione già nel titolo, «Credenti sì, fessi no»!
Il giorno dopo, sempre “Libero” (12/11, p,15), stesso autore, annuncia che «il Vino è il simbolo della civiltà italiana», e tu allora tra scherzo e realtà ipotizzi che magari il giorno prima si era fatto molto uso del «simbolo». Sono vere sciagure letterarie. Che fare? Non leggere più niente? No! Imparare a valutare ciò che leggi: no all'enfasi, allo strillo, all'insulto, all'eccitazione innaturale, alla volgarità che umilia chi la esibisce e chi la registra in pagina o sui media... Così il “naufragar” ritorna “dolce”, come quello del grande Giacomo.