Giorni fa ho parcheggiato l’auto. Il marciapiede era altro e spigoloso, ho toccato con la ruota anteriore e in un attimo si è sgonfiata come un palloncino. Sono sceso a vedere: avevo uno squarcio di almeno tre centimetri. Immaginatevi la scena: uno parcheggia, in mezzo a pensieri, impegni e la scansione del giorno che, inesorabile, corre sulle lancette, pensa a cosa dovrà fare dopo. E, improvvisamente, ha la gomma a terra. Il giorno dopo, di prima mattina, vado dal mio gommista, mi faccio dare una ruota, corro a cambiare la mia e gli porto l’auto. «È incredibile, Massimiliano – racconto –, ho appena toccato il marciapiede con la ruota ed ecco qua». «Ricordi come erano i marciapiedi anni fa? – mi risponde mentre alza l’auto col cric –. Stondati. Quando una ruota si avvicinava non gli davano il pizzicotto che ha preso la tua, e le ruote non si rompevano». Chiaro. Non è che abbiamo bisogno di una vita stondata, senza spigoli, senza marciapiedi quadrati e aggressivi. I marciapiedi “stondati” rappresentano un passato – neanche molto lontano – in cui le cose erano probabilmente più semplici, meno affilate e meno ostili. Questi marciapiedi simboleggiano, con un po' di fantasia (ma neanche troppa) una società più tollerante e inclusiva, dove le piccole imperfezioni venivano accettate senza conseguenze gravi. La nostra vita quotidiana è caratterizzata spesso da sfide spigolose e situazioni inaspettate che richiedono reazioni rapide e decisioni a volte improvvisate. Lo spigolo è in qualche modo il simbolo di una società più rigorosa e esigente, in cui il margine per l'errore è ridotto al minimo. La vera sfida, credo, possa risiedere nel trovare un equilibrio tra la rigidità e la flessibilità, nella vita e nelle relazioni. Non è necessario un mondo completamente “stondato”, senza sfide o asperità. È altrettanto importante, però, non rendere tutto così “squadrato” da diventare ostile e privo di spazio per l’errore umano.
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