Le storie digitali che vorrei: la loro bellezza come un regalo
Poi mi sono imbattuto nell'ultimo post adagiato sul suo profilo Facebook ( tinyurl.com/h2golya ) da Mariapia Veladiano, scrittrice di gran qualità nota ai lettori di “Avvenire” anche per esperienza diretta, e ho pensato che la sua bella intuizione avesse qualcosa, o molto, da dire anche a questa rubrica e ai suoi protagonisti: i cristiani che, a più vario titolo, si scambiano sulla Rete notizie e, in maggior misura, opinioni su come vivere il Vangelo e stare nella Chiesa.
Veladiano spiega in poche righe (ma, coerentemente, se le fa bastare) che «l'agire della carità è come l'agire della scrittura. La bellezza che ne viene (la cultura, possiamo chiamarla cultura) deve essere del tutto inintenzionale. Arriva come un regalo dalla bellezza del nostro essere, dalla verità della nostra fede regalata, tormentata, affidata, così come capita nella scrittura, quando la bellezza (...) arriva dalla profondità dell'ascolto del mondo, dalla libertà dalle intenzioni, dalla sapienza dello scrivere, dalla conoscenza della lingua, dalle prove e dagli errori, dall'affidare quel che infine ci sembra degno. Non c'è nulla, nella scrittura, di più tremendo e repulsivo dell'intento pedagogico. Così, credo, anche nel nostro agire».
Ecco, userò l'anniversario per guardare fuori, piuttosto che dentro. Non per abbandonarmi alla tentazione ma per esprimere una speranza. Che le storie digitali che pubblichiamo, dove spesso carità e scrittura sono intrecciate, si riconoscano, sempre più e sempre meglio, per questa regalata bellezza.