L'agricoltura italiana riesce ancora a dare lavoro e a generare mercati miliardari. Certo, le imprese verdi devono fare i conti con una filiera di produzione, trasformazione e commercializzazione più da riformare che da promuovere e devono giocarsi i loro destini non solo sui mercati ma anche nei confronti del clima, ma non c'è dubbio che le risorse per riuscire ci siano tutte. Alla faccia - occorre dirlo - di chi pensa di togliere risorse finanziarie ai campi e di chi si accorge della necessità di serie politiche agricole solamente quando la siccità stringe al collo non solo gli agricoltori ma pure le industrie. A confermare la presenza di forze forse inaspettate che l'agricoltura nostrana può giocarsi, sono due ordini di dati messi in circolazione in questi ultimi giorni: da una parte il livello di occupazione offerto ai lavoratori immigrati, dall'altra l'enorme giro d'affari animato dagli acquisti diretti in azienda.
Negli ultimi anni - ha precisato la Coldiretti commentando i recenti provvedimenti di superamento delle soglie di immigrazione - la presenza di lavoratori immigrati nei campi è cresciuta con tassi di incremento annui a due cifre e oggi rappresenta quasi il 15% degli occupati del comparto. Sulla base dell'ultima indagine Inea, infatti, i lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono circa 117.000 concentrati per circa la metà nelle Regioni del Nord (48%), ma presenti anche nel Sud e Isole (37%) e nel Centro Italia (15%). Tanto che la presenza di lavoratori immigrati è diventata una componente strutturale di molti «distretti agricoli» come nel caso della raccolta delle fragole nel veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell'uva in Piemonte, del tabacco in Umbria e Toscana e dell'allevamento in Lombardia. Insomma, davvero la produzione agroalimentare del Paese non è solo un primato enogastronomico, ma occupazionale. Un fatto importante, se si pensa ai problemi che potrebbe generare una ulteriore presenza di immigrati fuori controllo e soprattutto senza lavoro.
Poi c'è l'altro dato positivo. Sempre secondo un'indagine Coldiretti, il giro d'affari generato dagli acquisti in azienda di prodotti alimentari sarebbe arrivato a 2,4 miliardi di euro, crescendo del 25% negli ultimi cinque anni. Si tratta di un mercato notevole, soprattutto se si pensa che viene generato solamente da una minima parte di imprese agricole e che ha pure una rilievo dal punto di vista ambientale e culturale. Certo, si dirà, si tratta pur sempre di un fenomeno non di massa, che si ritrova solo in alcune regioni italiane, di cui beneficia non certo l'intero comparto. Tutte considerazioni vere che, tuttavia, non tolgono importanza alla capacità di generare scambi miliardari da parte delle aziende agricole e che, è stato sottolineato sempre da Coldiretti, potrebbe indicare una strada diversa per combattere l'inflazione.
Ecco perché l'attenzione ad una agricoltura efficiente e competitiva va ben oltre la semplice necessità di avere cibi sani e genuini.