Le scelte per la vita e le formule da scrivania
«Non devi decidere ora, prenditi tutto il tempo che ti serve per rifletterci, poi ci farai sapere», mi hanno detto salutandomi. Me lo sono preso tutto. Intanto via email ho chiesto ai miei angeli custodi del Nemo un po' di cose, compresi i confini di un accanimento terapeutico che non voglio superare. La risposta è stata sollecita, esauriente, chiara. Ho condiviso tutto ciò in famiglia, come sempre, pur consapevole che la decisione finale era comunque mia. Ho deciso, fissando in ogni caso alcuni paletti a proposito dei limiti di cui sopra, e mi hanno detto che tutto verrà messo nero su bianco. Così adesso sono in lista d'attesa, e aspetto che mi chiamino.
Mi è capitato spesso, in questo periodo di riflessione, di pensare a tanti bioeticisti che ho conosciuto nel corso della mia lunga vita professionale. Moralisti da scrivania, slegati dalla realtà della malattia, della sofferenza vera, che non hanno mai guardato negli occhi una persona nelle mie condizioni; sempre pronti a spaccare il capello in quattro, capaci solo di ridurre la bioetica a un'astratta sfilza di norme. Parlo di intellettuali e politici credenti e non credenti, e purtroppo anche di ecclesiastici. Li ho messi a confronto, inevitabilmente, con la delicatezza, attenzione, umanità con cui Mario e Amelia – loro che sono in prima linea – mi hanno accompagnato in questo delicato percorso di consapevolezza. Un percorso che non potrà mai essere ricondotto a un freddo formulario, questo sì e questo no. La vera vita delle persone è una cosa affatto diversa.
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