Ha due anime distinte, ma ugualmente affascinanti, il disco Regina Pretiosa (pubblicato da Tactus e distribuito da Fenice): la prima, più austera e raffinata, affonda le proprie radici nella dotta polifonia liturgica in lingua latina; l'altra, più popolare e sanguigna, attinge forza e vigore espressivo dal ricco repertorio delle laude monodiche in volgare. Nel ricostruire l'ipotetica colonna sonora di "una celebrazione mariana del Trecento fiorentino" - come recita il sottotitolo dell'album - l'ensemble vocale e strumentale L'Homme Armé e il suo direttore Fabio Lombardo si sono infatti rivolti a un antico rituale riconducibile alle funzioni in onore della Madonna che la compagnia di San Zanobi officiava, in pieno XIV secolo, nell'allora cattedrale fiorentina di Santa Reparata; là dove, seguendo una tradizione ben documentata negli statuti delle confraternite laiche coeve, cantori e strumentisti professionisti si ritrovavano a integrare le fila dei "laudesi dilettanti" per elevare con dignità e decoro le proprie preghiere.
Attraverso un patrimonio musicale assolutamente unico e originale, è un mondo lontano e ricco di suggestioni quello che si affaccia in questo interessante progetto discografico. Un tempo passato che rivela il suo profondo significato alla luce del risveglio culturale, politico, sociale ed economico che andava scuotendo nelle fondamenta l'Italia dell'epoca; ma soprattutto della forte spinta propulsiva che, in campo religioso e devozionale, scaturiva dall'azione travolgente degli ordini mendicanti e predicatori. Se l'esito artistico del cd si attesta dunque su ottimi livelli, ancor più rilevante risulta invece il valore aggiunto che da questi canti emerge con chiarezza: l'imprescindibile richiamo spirituale esercitato dalla figura di Maria, al centro di un'adorazione spontanea e sincera che non era rivolta a una divinità lontana, bensì a una donna realmente vissuta, fanciulla e madre, della cui presenza quei confratelli facevano memoria quotidianamente; alzando gli occhi al cielo e cantando lodi a Colei che il loro celebre concittadino Dante consacrava, in una delle più belle e illuminate pagine della letteratura di tutti i tempi: «Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio».