A distanza di mezzo secolo dagli eventi (divorzio e aborto) da cui è poi nata l'Antilingua, La Repubblica scopre (lunedì 17) «Le parole per non dirlo», cioè il linguaggio che sembra una timida versione di quello, assai peggiore, appena ricordato e fatto di «parole dette per non dire quello che si ha paura di dire». Il capostipite dell'Antilingua fu la sigla «Ivg», «interruzione volontaria della gravidanza», definizione che mira a nobilitare come «diritto» l'aborto legale, lasciando a quello «clandestino» il peso dell'infamia, il compito di una condanna insieme morale e politica e di valorizzare la «conquista civile» dell'aborto di Stato. È l'Antilingua il cancro del linguaggio veritiero, fatta com'è di parole-menzogne che falsificano la realtà. «Eterosessuale», per esempio, tenta di porre l'omosessualità sullo stesso piano della normalità; «diritti civili» (costituzionalizzati dalla Consulta), identifica spesso delitti (aborto, eutanasia…) o pratiche rivoltanti («eterologa», traffico di gameti, «gravidanza per conto terzi» cioè affitto dell'utero); «pillole del giorno» e «dei cinque giorni dopo», mascherate da contraccettivi d'emergenza… Fermarsi, però, con furbizia alla scoperta delle sole «parole per non dirlo» significa arrestarsi all'ingenuo livello del politically correct (politicamente corretto) e nascondere la verità di concetti fondamentali. Questa correttezza – si giustifica Repubblica – caratterizza un linguaggio che «raggiunge livelli preoccupanti o esilaranti»: «persona di dimensioni» o «internazionale» invece di obeso e di straniero; oppure «diversamente abile» invece di disabile... Cose arcinote e un po' ridicole che disegnano «un mondo edulcorato e ripulito delle sue asperità» che però non fa paura. Eppure, la «nuova distopia», cui accenna il giornale, richiama la profetica descrizione di George Orwell, in 1984, di una società immaginaria e indesiderabile, di stampo sovietico e fondata su una «neolingua» che impedisce il pensiero. Se si trattasse solo di correttezza, sarebbe un gioco, ma l'Antilingua diffusa dai media in tutto il mondo legittima la promozione di delitti a diritti, fornisce le parole alle leggi e corrompe il senso morale della società: negli ultimi 30-40 anni circa 50 milioni di bambini sono stati abortiti. Un mondo «edulcorato» può soddisfare, ma uno menzognero e voglioso di auto-eutanasia è una tragedia.PIETÀ L'È MORTA?Senza alcun motivo Il Corriere della sera (giovedì 20) dedica una pagina a Moana, una bella ma povera donna che aveva elevato a «femminismo» («donna-oggetto», «uso del corpo», «libertà del piacere»...) il suo triste mestiere. A lei attribuisce persino un aforisma di Gandhi («Vivi come se dovessi morire domani»). Perché riesumare un modello di una triste femminilità e rubare per Moana la saggezza al Mahatma? Anche la sua morte (20 anni fa) chiede solo pietà, silenzio e preghiera.