Nell'insoddisfazione per quel che produce il "sociale" (la quantità di gruppi e iniziative dediti a opere utili, ad assistere chi ne ha più bisogno, a riunirsi in fiere convegni festival) che abita e anima positivamente la Penisola, ma che non riesce a incidere sulla politica e se ne lascia anzi condizionare, trascinare e ricattare, capita spesso di sbuffare leggendo i suoi consuntivi e proclami e (in genere a ogni inizio d'anno) i consigli che elargisce a chi dirige la baracca, spiegando a politici ed economisti e funzionari delle maggiori istituzioni pubbliche come dovrebbero agire, le scelte che dovrebbero fare, i bisogni a cui dovrebbero provvedere. Viene allora alla mente la balorda e costante polemica di un politico di quand'ero giovane, Palmiro Togliatti segretario del Partito comunista italiano quando quel partito era una potenza, contro le "mosche cocchiere", contro, cioè, gli intellettuali che si volevano «consiglieri dei principi» o loro fustigatori, che facevano la predica ai politici spiegando loro quel che avrebbero dovuto fare qualora fossero stati seri e conseguenti. L'idea delle "mosche cocchiere" veniva, come scoprii più tardi, da una saggia e antica favola di Fedro. Una mosca ha preso posto sulla testa di un mulo che trascina un carro di cui un cocchiere tiene le redini, e crede di esser lei a guidare il carro, e di questo si fa bella col mulo, ma il mulo le ricorda che entrambi sono guidati da ben altro potere, a cui per forza obbediscono. Chiamiamo questo potere come vogliamo, Storia, Economia, Finanza, Politica; resta il fatto che è fatto di più moti e tensioni e che ci si impone e ci dirige, in imperfetto equilibrio tra le forze. Resta il fatto sconsolante che i «consiglieri dei principi» - i rimbrottatori e sollecitatori che dicono, a partire da un confronto diretto e di base con la realtà e con i bisogni più forti e più acuti di una società diseguale, cosa sarebbe giusto fare, rivolgendosi a chi fa le "grandi scelte" con la saggezza di chi vede di più e pensa davvero al bene comune - al Potere gli fanno, come suol dirsi, un baffo. Perché il Potere non ha bisogno della loro saggezza e se ne va per la sua strada, per quanto irrazionale, mosso dalla primarietà delle sue logiche, delle sue avidità. E dalle sue lotte intestine, dai suoi equilibri precari. E più in generale, possiamo aggiungere, dalla sostanziale irrazionalità della Storia. Che i Buoni potrebbero contrastare soltanto opponendogli forze reali e imponendogli scelte diverse, al servizio della comunità e non di pochi.