Rubriche

Le maledizioni si trasformano in pericolosi boomerang

Pier Giorgio Liverani domenica 28 maggio 2017
«Che Allah vi maledica!». A leggere questa poco caritatevole invettiva (titolo su due pagine del Tempo, mercoledì 24), i lettori più anziani ricorderanno il "Dio stramaledica gli inglesi" della propaganda fascista durante la seconda guerra mondiale. Anche allora, con i bombardamenti sulle città, la guerra uccideva bambini e adulti italiani e inglesi senza distinzione. Quella maledizione era uno slogan che il regime diffondeva con delle spille da mettere all'occhiello della giacca.
L'odio, si sa, non ha limiti e usare l'arabo, per non tirare in ballo Dio, è sciocco perché Allah è il nome di Dio in arabo e poi, se non altro, perché i destinatari della maledizione continuano a superare ogni limite di umanità, vedi la strage di Charlie Hebdo del gennaio dell'anno scorso e le attuali "uccisioni dei crociati", come dicono i jihadisti rifacendosi alle Crociate di 800 anni fa, combattute, ahimè, al grido di "Deus lo volt!". E il motto "Gott mit uns", Dio è con noi, era inciso sulla fibbia della cintura dei soldati del Reich che portavano gli ebrei al macello nelle camere a gas.
Del resto imprecare contro l'islamismo in genere è un grave errore perché, su un miliardo di musulmani, gli estremisti assassini nutriti – loro sì – di odio sono poche migliaia. Ed è privo di senso l'«elogio dei muri che proteggono la civiltà» apparso domenica scorsa sul
Giornale per la firma di Magdi Cristiano Allam che, venuto al cristianesimo dall'islam, fu battezzato nel 2008 dal Papa, ma nel 2013 ha rinnegato il cattolicesimo. Ora sostiene che «i muri sostanziano la propria esclusiva civiltà, salvaguardano la casa e tutelano la famiglia» (Il Giornale, domenica 21). Ha dimenticato o non ancora imparato che ciò che il Vangelo, a differenza del Corano, non propone sono proprio le esclusioni.

CONVENIENZE
Sia Michele Serra, che su la Repubblica si presenta come ateo, sia Alessandro Sallusti, direttore responsabile del Giornale, si occupano di Dio. Il primo (giovedì 25) si dice «in grado di valutare appieno l'enormità della truffa che preti sadici e capoclan primitivi infliggono alle giovani reclute del jihadismo», le quali non sanno che «non andrebbero in paradiso neppure se il paradiso esistesse... ma all'inferno». Senonché «questo è uno dei casi in cui dispiace sapere che nemmeno l'inferno esiste». E conclude: «Quando dio smetterà di essere l'alibi perfetto, allora varrà la pena di chiedersi se davvero esista». Sallusti, invece (Il Giornale), reclama «il diritto di bestemmiare contro Allah, un dio crudele e assassino». Entrambi in errore. Serra dovrebbe convincersi che Dio esiste, così saprebbe regolarsi oggi su dove domani incontrerà o no quelle giovani reclute. Sallusti farebbe bene a non bestemmiare Allah, in generale e per una questione di lingua (vedi sopra).