Le lobbies e il rischio della "sindrome della strega"
Eppure, non tutto il mondo è paese. Negli Stati Uniti il 2018 è stato l'anno record delle spese per attività di lobbying sostenute da Amazon, Google e Facebook. Quanto più si addensano sulle web companies nubi legate alla regolamentazione, al rapporto con il fisco e alla percezione dell'opinione pubblica, infatti, tanto più cresce il volume delle risorse investite per conquistare il consenso di politica e stakeholders: ben 21,2 milioni di dollari nel caso di Google, 12,62 per Facebook, 14,19 milioni per Amazon. Cifre imponenti, che possiamo conoscere grazie alle comunicazioni ufficiali inviate dalle "big three" alla SEC. Peccato che nulla di ciò sia possibile in Italia, a causa della mancanza di una regolamentazione che favorisca (o meglio, imponga) la trasparenza.
Altra arma fondamentale per superare ogni forma di pregiudizio sulle attività di lobbying è la formazione. Sono pochissimi nel nostro Paese i corsi universitari e post-universitari sul tema,
nonostante si tratti di una professione che offre oggi opportunità qualificate presso grandi e medie aziende, organizzazioni e agenzie specializzate. Ma qualche risposta di qualità esiste. In Luiss, dieci anni fa, ho avuto la possibilità di fondare il Master in Relazioni Istituzionali, Lobbying e Comunicazione d'Impresa: nato come esperimento pionieristico (a partire dall'uso del termine "Lobby" nella definizione ufficiale del Master), è diventata la prima "scuola dei lobbisti" in Italia grazie ad un modello formativo che integra diritto, economia e comunicazione. Perché il lobbista "trasparente" dev'essere, anzitutto, competente e consapevole delle proprie responsabilità. E capace con la qualità del suo lavoro quotidiano di battere la "sindrome della strega".
www. francescodelzio.it
@FFDelzio