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Le imprese di Venturino tra Roma e Avignone

Gianni Gennari sabato 17 luglio 2021
Oggi un bel salto nel tempo, 700 anni. Si chiamava Venturino de Lemen, ma è noto come Venturino da Bergamo: nasce lì il 9 aprile 1304 da Lorenzo degli Antifoni di Almenno e Donna Caracosa. Suo fratello Jacopo fu amico del Petrarca. Lui a 14 anni entrò tra i domenicani e completò gli studi teologici a Genova, dove fu anche ordinato prete ed eletto Maestro dei novizi. Poi a Bologna predicò il culto a Santa Marta costruendo in suo onore un monastero e una chiesa per le domenicane. Chiese anche di essere iscritto alla società dei Frati pellegrinanti che i domenicani spedivano nei luoghi santi. In sostanza grandi meriti storici. Il primo fu nel 1350 la ripresa del Giubileo, istituito nel 1300: ne fu vero protagonista, sebbene non la vide di persona. Grande predicatore: non gli bastavano le chiese, e doveva parlare all'aperto infiammando le folle. C'erano tante guerre, e lui esaltava la pace, c'erano tante liti - Guelfi e Ghibellini - e lui predicava la fraternità. In particolare dal 1335 si propose due imprese principali: un nuovo Giubileo per il 1350 e ritorno del Papa da Avignone. Per il primo occorreva il buon esempio? Promosse un pellegrinaggio tutto suo verso Roma e lo chiamò “romeaggio”: da allora i pellegrini si chiamarono “romei”. A Bergamo, come altrove, non mancavano gli scomunicati pronti per una nuova grande “perdonanza”: tra essi tutti quelli che erano stati con Ludovico il Barbaro contro la Chiesa. Per il “romeaggio” partirono con lui in 5mila, ma a Roma il 21 marzo 1335 arrivarono in 60mila: uomini, donne, briganti, avventurieri, vagabondi. Salve le intenzioni, non furono solo penitenze. Lo storico Giovanni da Vallombrosa racconta che al passaggio del variopinto pellegrinaggio si accalcavano bande di prepotenti per rapinare i romei, e squadracce allegre che aspettavano soprattutto le romee. Celebre la frase di Bernardino da Polenta, brigante illustre che partecipò all'impresa: «Nui facemmo quello strazio delle belle donne come fussero state pecore…». Questo il commento del povero storico: «Oh perdonanza e cammino sfortunato!». Dunque Venturino arrivò a Roma, allora poco più di 20mila abitanti, e con i suoi 60mila attraversò le vie deserte o occupate dalle bande opposte dei Colonna e degli Orsini, visitò i monumenti abbandonati, pianse sulle rovine delle basiliche, ma non riuscì a conciliarsi il popolo, che anzi gli si sollevò contro e lo costrinse a ripartire in fretta e furia. Per andare dove? Elementare, per lui: seconda impresa, dritto dal Papa ad Avignone per invitarlo a tornare a Roma e restituirla ai suoi splendori. Benedetto XII - Giacomo Fournier - però la prese male: l'entusiasmo spirituale del povero frate lo spaventò, e Venturino fu processato come “pericoloso agitatore”: dopo 39 interrogatori condanna per eresia a 8 anni di esilio nel convento di Aubenas: silenzio e penitenza. Obbedì, e il nuovo Papa, Clemente VI, eletto all'unanimità nel 1343, lo riabilitò, ma per prudenza lo mandò subito a Milano a predicare per preparare “la Crociata”. Obbedienza immediata, e partecipazione in prima persona. Fu così che nel 1344 volle partire per la Terra Santa, a piedi come sempre, ma la fatica e la difficoltà del cammino oltrepassarono i limiti suoi. Sfinito nel viaggio morì a Smirne, il 28 marzo 1346, a soli 42 anni...Una vita sconfitta? No. La sua idea, anzi le sue idee dettero i loro frutti: Clemente VI accolse l'idea della Perdonanza e indisse il Giubileo del 1350. Venturino era già in Paradiso da sei anni, ma da lassù fu contento lo stesso. Quanto al ritorno del Papa da Avignone è noto che l'impresa riuscì qualche decennio dopo anche con l'intervento della grande Caterina da Siena: una spinta più efficace delle pur infiammate parole del buon Venturino. A ciascuno il suo…