LE CATENE
Parole severe ma che colpiscono nel segno, queste del filosofo tedesco ebreo Günther
Anders (1902-1992), implacabile accusatore di molte derive della società contemporanea nell'opera dal titolo significativo L'uomo è antiquato. Alle spalle abbiamo, infatti, una storia di lotta contro le catene che opprimevano la persona, la quale si lanciava in avanti, sapendo di non aver nulla da perdere e tutto da guadagnare. Oggi, invece, ci siamo riempiti di cose e di benessere, siamo convinti di possedere tutto e non ci accorgiamo che tutto questo l'abbiamo ottenuto a scapito della nostra libertà, della coscienza, dell'autenticità.
Le catene della tecnica, del conformismo, della pubblicità ci hanno imballato la vita, eppure non ce ne accorgiamo e siamo ben soddisfatti di assegnare ad altri le scelte, pur di starcene comodi. Riusciamo solo ad avere un sussulto quando irrompe l'imprevisto, anche banale: uno sciopero dei mezzi di trasporto, un ritardo nei rifornimenti dei beni, un'interruzione dell'elettricità e così via. Solo allora ci accorgiamo a quante realtà siamo condizionati, ma ben presto ritorniamo nel monotono svolgersi di un'esistenza, priva di consapevolezza, di conquista, di reazione. Certo, c'è anche un altro imprevisto che irrompe ed è il dolore o la morte: è forse per questo che si cerca di non parlare e di esorcizzare queste realtà che costringono a riflessioni decisive. C'è anche l'amore che può sommuovere la torpidità dell'anima. Sono questi gli ultimi, veri fremiti contro le catene dello spirito.