Non penso di essere il solo ad aver fatto qualche confusione tra Lina Merlin e Tina Merlin, due personaggi che avevano in comune il cognome e simile il nome ma anche l'esperienza partigiana e l'ascendenza politica, anche se Lina, cioè Angelina, era socialista e Tina, cioè Clementina, era comunista, figlie entrambe di migranti. La prima (nata dalle parti di Padova, 1887-1979) fu a lungo deputata e la seconda giornalista e scrittrice. Fecero cose molto importanti e combatterono battaglie dure e belle, nella loro esistenza, e Lina ha legato il suo nome alla legge che, nel 1958, dopo virulenti dibattiti in un'Italia legata all'immagine della donna come moglie o puttana, abolì la prostituzione di Stato e fece chiudere le case chiuse, dette ufficialmente “case di tolleranza”. Sono entrato in più bordelli una volta e in una sola sera a Palermo, in uno dei ricchi, uno dei poveri e dei soldati e uno di quelli a metà, per accompagnarvi un uomo politico norvegese con la sua interprete che, venuto a Palermo per conoscere Danilo Dolci, voleva capire come facesse lo Stato a guadagnare sui coiti dei suoi cittadini...; e una seconda volta avevo accompagnato due amici, a Roma, in più bordelli, aperti a tutti e senza obbligo di “consumare”, la notte della loro chiusura, tra clienti tristissimi e alcuni, i più vecchi, quasi piangenti... E mi è bastato, per capire molte cose, anche del nostro Paese e delle sue ipocrisie. Fu molto odiata dai maschi italiani, la grande Lina, ma non ebbe mai cedimenti, e ricordo di aver letto, nelle edizioni dell'“Avanti!”, un libretto in cui aveva raccolto le lettere che le scrivevano le prostitute, piene di storie impressionanti. Ma non si era occupata solo di questo, e la sua memoria dovrebbe esserci molto cara. Come quella di Tina (bellunese, 1926-1991), il cui nome è legato al disastro del Vajont, la diga che crollò il 9 ottobre del 1963 facendo sparire dalla carta geografica la città di Longarone e ammazzando coi suoi trecento milioni di metri cubi di acqua quasi duemila persone... Si devono a Tina le denunce meglio documentate contro i responsabili, contro la loro avidità peraltro non diversa da quella dei responsabili di tanti altri disastri ecologici di ieri e di oggi... e di domani. Lina ha scritto le sue memorie, uscite postume per Giunti-Astrea nel 1989 a cura di Elena Marinucci, mentre di Tina, cara a tanti a cominciare da Mario Rigoni Stern, vanno almeno ricordati due libri, riproposti da Cierre edizioni come altre sue opere, Sulla pelle viva, ovvero Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont, e La rabbia e la speranza. Sempre per Cierre, Adriana Lotto ne ha scritto un'appassionata biografia, Quella del Vajont (2011, più volte ristampata).