Laicità: ecco quando l'Illuminismo si trasforma in auto-illusionismo
TRUCCO VECCHIO E SPREGEVOLE
Lo spregevole trucco è vecchio: uno si finge penitente (in questo caso «lesbica, ma credente») e gira con il registratore in una decina di confessionali per "incastrare" i confessori, anzi la Chiesa. L'ha fatto per l'Unità (mercoledì 21) una reporter, che ha raccolto risposte incongrue o in contraddizione tra loro e soprattutto con il sacramento, compresa quella di un prete che si dichiara gay. Posto che il reportage sia veritiero (al lettore è lecito un dubbio?), un primo interrogativo riguarda la deontologia: è lecito ingannare l'interlocutore in materia così delicata e grave? Che ne pensa l'Ordine dei giornalisti? Il secondo è sul valore di un'"inchiesta" mossa da un pregiudizio (sfiducia su Chiesa, disprezzo per confessione e confessori) e fatta imbrogliando gli interpellati sulla personalità e sullo scopo dell'interpellante. Il terzo interrogativo, infine, riguarda le risposte riferite nell'articolo: se e in che misura siano filtrate o almeno viziate dal medesimo pregiudizio e dalla condizione ingannevole della protagonista, che " ha scritto " compie «un viaggio penitente» non per pentirsi, ma «alla ricerca di uno spiraglio, una piccola crepa di speranza in cui introdursi per sparigliare le carte». Gente così (finta o vera lesbica che sia) come può capire, soltanto con la curiosità e con un registratore, che cos'è un sacramento che esige innanzi tutto la fede e la sincerità dell'animo e che, invece, viene ridotto a oggetto d'indagine da pessimo giornalismo? Dovrebbe confessarsi.