È davvero deludente seguire i cosiddetti laici nel dibattito sulla laicità e sui suoi contenuti. Su La Stampa (martedì 1) Emanuele Macaluso distingue tra una «laicità del passato» (quella che, con alcune intese fra Dc e Pci, «ruppe lo schema post-risorgimentale sulla laicità»: per esempio l'art. 7 della Costituzione) e la «laicità del futuro», cui il PD dovrebbe «dare concretezza» ricavandone anche la propria «identità». Dalla Stampa si ricava in che cosa consista questa «laicità del futuro»: è l'insieme delle «leggi sul divorzio e l'aborto» e delle auspicate leggi sugli altri «temi cosiddetti "eticamente sensibili"», per i quali «guardiamo a ciò che si fa in tutta l'Europa»: coppie di fatto e omosessuali, fecondazione artificiale libera, testamenti biologici, eutanasia, staminali embrionali, scelta personale del proprio genere... A parte il suo solito complesso di inferiorità verso il resto dell'Europa, non si riesce a vedere nel laicismo italiano altro che questa ossessione sessuale e tanatologica. Se davvero fosse questo a costituire insieme «la concretezza» del nostro futuro e la prospettiva identitaria del Pd, non resterebbero che la nostalgia del passato e la speranza che Veltroni capisca che la vera laicità riguarda l'intera vita delle persone e della società. C'è poi un aspetto secondario della questione. Se qualche importante uomo di Chiesa esprime giudizi in materie di competenza statale, si scatena la rivolta laicista per l'"indebita ingerenza". Non vale, invece, il reciproco, giacché i "laici" non fanno che ingerirsi nelle cose della Chiesa. Domenica 29 Corrado Augias, su La Repubblica, e Lorenzo Mondo, su La Stampa, si domandavano «perché un gangster come De Pedis» «riposa nella sua tomba fastosa di una basilica veneranda»; e l'Unità ripescava i funerali religiosi negati a Welby: lo Stato, scriveva, «prenda posizione affinché quei cittadini non siano trattati in virtù di norme apertamente discriminanti». Una legge "laica" stabilirà funerali religiosi per tutti?
"GENDER" SENZA SBOCCHI
I giornali "laici" hanno dato grande rilievo all'«uomo incinto» (Corriere della sera e altri, venerdì 4), che, nell'Oregon, ha partorito una bambina. Si tratta di una «ex donna», che si è illusa di diventare uomo a forza di ormoni maschili (è persino barbuta), ma che, avendo conservato l'apparato genitale femminile, ha potuto, con l'aiuto di un uomo non immaginario, generare un figlio. Anche da noi esistono personaggi che si sforzano di tradursi da un genere all'altro. Come si è appena visto, però, non ci sono gender né ormoni né anagrafi che tengano: se una donna è donna, resterà sempre donna. Idem per l'uomo. Non è il gender il nostro futuro.
PARLARE ASTERISCO?
Non potendo «scardinare» il dimorfismo dei generi nei propri corpi, il mondo dei "trans-gender" cerca di raggiungere la propria transizione inventando una nuova ortografia. Riferisce Liberazione (venerdì 4) che a «Baltimora, nel Maryland, sta prendendo piede l'uso di sostituire i pronomi he (lui) e she (lei) con il neutro yo», che, però, non ha un corrispettivo in italiano. Così «da noi si tenta di ovviare con l'asterisco, come per esempio "ciao a tutt*"». Ok: potremo scrivere "*" indifferentemente per lui o lei, ma a dirlo come si farà?