Immaginate se le emozioni più importanti vissute dall'essere umano fossero materie scolastiche. Immaginate come sarebbe apprendere, nell'arco del percorso scolastico di una vita, una materia vista da una sola emozione. «Oggi facciamo geografia, come al solito la affrontiamo con l'unica emozione a disposizione per questa disciplina: la paura». Immaginate, in un mondo di fantascienza, una insegnante con gli occhiali verdi snocciolare, per ogni materia principale tesa alla crescita e all'apprendimento, un paletto così importante. La matematica affrontata con la sola paura, l'inglese unicamente con l'emozione della sorpresa, la storia studiata solo con tristezza e la musica vissuta con gioia e basta. È una prospettiva folle. Ecco, ora immaginatevi la vita vissuta con una sola prospettiva, che diventa la predominante rispetto ad un evento vissuto. Prendiamone uno a caso: la malattia. Quando qualcuno si ammala cambia la prospettiva, i colori della tavolozza con cui si dipinge ogni giorno la nostra esistenza diventano pochi, in alcuni momenti addirittura si tratta di soli toni di grigio. La prospettiva del malato, spesso, diventa quella di qualcuno che non vede più colori. Eppure il cambio di prospettiva non obbliga a vivere un solo colore o, ancora peggio, nessun colore. Una materia come la musica, per essere compresa da un bimbo di dieci anni, deve contenere tutte le emozioni possibili, comprese rabbia, tristezza, paura. Sono i contrasti tra i colori che creano l'emozione di ascoltare un brano e ficcarselo nel cuore per sempre. Stessa cosa vale per ogni altra materia che nella vita si vada ad approfondire. Il parallelo – che può sembrare arduo – riguarda chi vive con una malattia. La scommessa quotidiana rimane quella di usare quello che si vive – la malattia, of course – come se fosse la borsa di Mary Poppins e metterci dentro tutte le emozioni possibili, tutti i colori, belli o brutti che siano. Provare a vivere a colori, accogliendo i momenti di grigio e anche quelli, naturalmente, nero pece.