La gioia sembra semplice, ed è certamente l'espressione spontanea di un cuore semplice; resta, nondimeno, una costruzione esigente. Il fatto è che il nostro cuore non è semplice. In cuore abbiamo così tanti fili mescolati che esso si ritrova a parlare una lingua contraddittoria e confusa. Portiamo in noi la paura di essere rifiutati amalgamata con il bisogno di sentirci amati; il timore di fallire e di perdere, impastato con un orgoglio incongruente e una vana vanità che si sovrappone a tutto; il terrore dell'abbandono, mescolato con l'incapacità di comunicare ciò che in noi è più profondo e, in un certo senso, più reale. Oppure, pensiamo alla gioia come a uno stato privilegiato, cosa che viene poi a essere un ostacolo per accedere a essa. Immaginiamo di sperimentare la gioia se non ci mancherà niente, se staremo perfettamente bene e se tutto andrà secondo i nostri piani.
Ora, ciò accade o si verifica solo di rado. La vita non è un campo neutro, né si lascia rinchiudere sotto una campana insonorizzata. Contro la nostra tentazione di fissare il suo corso, la vita trova sempre il modo di dirci che è viva. Come potremo pervenire alla gioia? Con la sapienza di ringraziare, più che lamentandoci; con la capacità di sentire i mille profumi dell'esistenza e di inebriarci di essi; con la disponibilità a vedere la bellezza non soltanto con gli occhi, ma a vedere anche con il cuore.