Senza se e senza ma, sempre dalla parte di ciò che è vero, perché le ambiguità del mondo aprono alle più profonde ferite: i testimoni del Vangelo sanno che il patrimonio di fede loro affidato è un tesoro prezioso per l’umanità. Per questo lo difendono fino alla fine, anche amministrandolo con saggezza di fronte alle minacce e agli assalti dei prepotenti, che creano divisioni e lotte fratricide. A dimostrarlo sono le storie come quella di san Marco di Aretusa, vescovo del IV secolo della città siriana che oggi è Er Rastan. Accusato inizialmente di non essere abbastanza deciso contro l’arianesimo (forse perché preoccupato proprio della ferita provocata dalla diffusione dell’eresia e non volendo creare spaccature ancora più profonde nella Chiesa), nel 360 Marco chiarì la sua ortodossia e questo fece sparire i “sospetti” su di lui. Nel 361 fu costretto a fuggire a causa della presa di potere di Giuliano l’Apostata che voleva restaurare il paganesimo. Tornò, però, quando venne a sapere che i preti erano stati imprigionati. Marco aveva fatto distruggere un tempio pagano e questo, al suo ritorno, gli costò l’arresto e le torture, alle quali, però, sopravvisse. Si dedicò all’evangelizzazione dei pagani fino alla morte nel 364 e la sua eredità è un chiaro invito a scegliere sempre la difesa della verità e la cura della comunione.
Altri santi. Santi Simplicio e Costantino, abati di Montecassino (VI sec.); san Guglielmo Tempier, vescovo (XII sec.).
Letture. Romano. Dn 3,14-20.46-50.91-92.95; Dn 3,52-56;
Gv 8,31-42.
Ambrosiano. Gen 48,1.8-21; Sal 118 (119),137-144; Pr 30,1a.24-33; Lc 18,31-34.
Bizantino. Gen 43,25-31;45,1-16; Pr 21,23-22,4.
t.me/santoavvenire