La vera follia dei conflitti come «igiene del mondo»
L'idea, per esempio, della guerra come “igiene dei popoli”, ossia come occasione per un rinnovamento radicale, sembra essere dura a morire. Salvo che i milioni di morti non si rinnovano, si seppelliscono e basta, senza neppure tenerne il conto. Per correggere questa rotta, non sono bastati due conflitti mondiali, e poi la Corea, il Vietnam, i Balcani, l'Afghanistan, l'Iraq; e la “terza guerra mondiale a pezzi”, secondo la definizione di Papa Francesco, che si combatte ogni giorno, si è accesa adesso di nuovo in Europa. Si insiste ad affidare alla guerra la soluzione di tutto, quando abbiamo imparato tutti, o almeno avrebbe dovuto, che non è vero. Bergoglio l'ha ripetuto di nuovo il 18 di questo mese ricevendo la Congregazione per le Chiese Orientali, a cent'anni dalla morte del suo fondatore Benedetto XV. «Egli – ha detto Francesco – denunciò l'inciviltà della guerra quale “inutile strage”. Il suo monito rimase inascoltato dai Capi delle Nazioni impegnate nel primo conflitto mondiale. Come inascoltato è stato l'appello di San Giovanni Paolo II per scongiurare il conflitto in Iraq».
«Come in questo momento, in cui ci sono tante guerre dappertutto – ha aggiunto – questo appello sia dei Papi sia degli uomini e donne di buona volontà è inascoltato. Sembra che il premio più grande per la pace si dovrebbe dare alle guerre: una contraddizione! Siamo attaccati alle guerre, e questo è tragico. L'umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. È campione nel fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti. Dobbiamo pregare e chiedere perdono per questo atteggiamento. Abbiamo sperato che non ci sarebbe stato bisogno di ripetere parole simili nel terzo millennio; eppure l'umanità sembra ancora brancolare nelle tenebre: abbiamo assistito alle stragi dei conflitti in Medio Oriente, in Siria e Iraq; a quelle nella regione etiopica del Tigrai; e venti minacciosi soffiano ancora nelle steppe dell'Europa Orientale, accendendo le micce e i fuochi delle armi e lasciando gelidi i cuori dei poveri e degli innocenti, questi non contano. E intanto continua il dramma del Libano, che ormai lascia tante persone senza pane; giovani e adulti hanno perso la speranza e lasciano quelle terre». Quando finirà? Quanto sta accadendo in Ucraina sembra dirci che forse non finirà mai, ma è proprio adesso che non bisogna perdere la speranza.