Quando si parla di Palio di Siena in tv vanno fatte due premesse. La prima è che non esiste il genere televisivo delle rievocazioni storiche, anche perché sono poche quelle trasmesse dalle reti nazionali. L’unica vera eccezione è rappresentata proprio dal Palio, che va in onda da 70 anni, dal 2 luglio 1954, anno di nascita della televisione in Italia. La seconda premessa è che la tv può anche contribuire a definire l’identità di un popolo, ma quello di Siena è un popolo a sé, geloso delle sue tradizioni, che avverte la televisione come un corpo estraneo. Basti pensare che le immagini del Palio vengono affidate a un service e a una regia scelti dal Comune con il Magistrato delle Contrade e il Consorzio per la tutela del Palio, che impone anche un commentatore accanto al telecronista. Da qualche tempo il ruolo è affidato allo storico Giovanni Mazzini, mentre l’esclusiva della manifestazione per quattro anni, dal 2022, se l’è aggiudicata La 7. Siamo quindi al terzo anno con la conduzione di Pierluigi Pardo, noto telecronista di calcio, che si è affacciato al Palio da profano, acquisendo però, dopo qualche titubanza iniziale, una certa «senesità» e soprattutto, per non sbagliare, si appoggia molto al commentatore garante dell’ortodossia della telecronaca e di una tradizione per certi versi incomprensibile al telespettatore non senese, attratto soprattutto dalla manciata di secondi in cui succede di tutto, con dieci folli che si lanciano in tre giri a rotta di collo sul tufo di Piazza del Campo cavalcando a pelo altrettanti barberi. È questa la parte più televisiva rispetto anche a un corteo storico bello ma lento, destinato ad accentuare il senso dell’attesa. E poi nel Palio, dove detta legge la sorte, c’è sempre l’imponderabile, come la non prevista pioggia di martedì che ha fatto rimandare all’ultimo minuto la carriera e quindi il momento più televisivo.
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