La tragedia di Seid il male della sindemia
Più che di pandemia occorrerebbe parlare di "sindemia", termine coniato negli anni 90 del Novecento dall'antropologo americano Merril Singer, che rappresenta letteralmente l'insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall'interazione sinergica di una o più malattie trasmissibili, caratterizzata da ripercussioni sulle fasce di popolazione svantaggiate o sulle persone più fragili. La sindemia va oltre l'impatto sanitario della pandemia, amplificando le disuguaglianze della società.
Il prezzo che stiamo pagando è infatti diverso a seconda delle classi sociali e delle fragilità individuali. La prima grande differenza, per esempio, è stata quella fra chi ha potuto continuare a lavorare da casa chi ha dovuto continuare a recarsi sul posto di lavoro, rischiando di più e chi il lavoro lo ha perso. Il virus ha così accresciuto le diseguaglianze sociale, da far venire in mente a qualcuno di proporre un calcolo basato sul costo/beneficio per decidere di attuare o meno il lockdown e di misurarne l'impatto economico rispetto al costo della tutela della vita di categorie "non produttive", come gli anziani. C'è chi ha proposto di concentrare il piano vaccinazione nelle aree più produttive del Paese e un'enorme diseguaglianza si è generata rispetto all'accesso all'istruzione. Le dimensioni della casa, la connessione a Internet, il numero di apparecchi disponibili in famiglia hanno generato enormi differenze che ci porteremo dietro per decenni. Insomma, questo virus si è innestato su una società già malata, aumentandone le disuguaglianze e creando il rischio di forti tensioni sociali, come di tragedie individuali.
Riposi in pace Seid e il suo ricordo di accompagni generando meno affermazioni con il punto esclamativo, più domande e più punti interrogativi. Perché, purtroppo, non è più in discussione se "ne usciremo migliori", ma semmai se ne usciremo in tempo, prima di pagare un tributo irrecuperabile.