Pochi mesi orsono abbiam detto in breve i pensieri di Cicerone nell'operetta sull'amicizia. Oggi dirò le opinioni sull'amicizia che Aristotele espose nei libri a Nicomaco. Quel maestro giudicò l'amicizia "cosa non solo necessaria ma anche oltremodo bella" e con questo indicava che l'amiciziaè per l'uomo tra gli esseri viventi di grandissimo decoro. Di ciò adduceva a testimonianza il fatto che nessuno vorrebbe vivere senza amici pur fornito di tutti i beni. Anzi soprattutto i ricchi cercano e curano gli amici: nulla di buono apporterebbe la ricchezza se chi la possiede non potesse essere generosoverso gli amici. I giovani usano dei consigli degli amici per non prendere decisioni sbagliate; i vecchi si fanno aiutare dagli amici nei mali fisici; gli uomini adulti con gli amici meglio che da soli possono compiere magnifiche imprese. Tre sono i tipi di amicizia pensa il saggio: chi coltiva le amicizie per la reciproca utilità non ha amore, ma piuttosto ama i vantaggi che provengono dagli amici e quando questi svaniscono subito svanisce l'amicizia; ugualmente accade di coloro che si amano tra loro per cercare insieme i piaceri: accade spesso che questi scompaiano per età o per malattia e ugualmente si depongono dalla memoria anche gli amici. Le amicizie suddette non contano di per sé ma per qualche accidente come l'utilità o il piacere. Ma c'è un'amicizia che coltiviamo per se stessa ed è l'amicizia dei buoni verso i buoni per esercitare la virtù ed è stabile e duratura. Fin qui non molto differisce Aristotele da Cicerone, ma poiché quello fu cittadino di una Città Greca, che i Greci chiamavano polis,multo disputò sulle differenze tra amici che vivono in città che sono rette dalla democrazia e quelli che sono governati dall'aristocrazia, e infine quelli che sono dominati sotto il giogo dei tiranni. Piccola cosa e timida e spesso falsa è l'amicizia sotto i tiranni, quando non si possono distinguere gli adulatori dagli amici. Nessuno consiglia sinceramente il principe che deve guardarsi più dagli amici che dai nemici.