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la traduzione del 18 ottobreIl comune desiderio di novità

Luigi Miraglia martedì 25 ottobre 2016
«Non sfidava la fama e la sorte con spavalderia e con vana esibizione di libertà» (Tacito, Agricola, 42)
Noto che oggi ci son molti che vogliono far la parte dei rivoluzionari, o almeno desiderano esserlo considerati dagli altri; e, se non lo fanno, temono di non apparire all'altezza del proprio tempo. È stato infatti in voga fino a poco tempo fa rifiutare e condannare come origine di tutti i mali qualsiasi cosa considerata di valore dagli antenati, come fosse imposta con la forza: e s'è sostenuto che non ci sia vera libertà se non dopo aver scosso questo giogo. Nulla di strano: infatti quel che ci viene tramandato, quando è divenuto obsoleto per lunga consuetudine, necessita d'un rinnovamento, ma gli uomini di solito non percepiscono ciò da soli, se qualcuno, considerando le cose in maniera diversa, non li sprona. È indubbiamente questa la logica in ogni rivoluzione culturale. Ora tuttavia i "rivoluzionari" sono giunti al punto d'essersi messi proprio nella posizione dalla quale dissentivano, e d'essersi conformati all'opinione più diffusa. Quindi, ciò che sembra turbare le cose è per tutti più comune d'una moneta di piombo, e il desiderio di cambiamento (il cui salutare effetto risiedeva nella rarità) s'è trasformato in una comunissima brama eversiva. Che dire di più? Segue la massa, chi aspira a novità anche solo in apparenza, e nessuno nuota meglio nei flutti del consenso popolare di colui che finge d'andare controcorrente. Che anzi accade che quell'uomo, sulle cui labbra c'è sempre la rivoluzione e che non sembra mai smettere d'opporsi alle tradizioni, è lodato da tutti ed è celebrato con sommi onori, nonostante conduca una vita gregaria. Anzi è lodato da tutti, proprio perché conduce un'esistenza alla moda. E da qui deriva solamente che chi vuol sembrare rivoluzionario in verità non è nient'altro che un adulatore dei costumi di massa, né quegli stimoli coi quali le menti degli uomini dovrebbero essere spronate al meglio si possono trovare senza inganno presso coloro che li agitano come cibarie in vendita al mercato. Questo avviene oggi, quando i cantanti più plebei sono stimati come i più insigni poeti e chiunque accede agli onori di filosofo purché ripeta discorsetti che tutti sono abituati a sentire. Quelli invece, presso cui bisognerebbe cercare una vera riforma dei costumi, o tacciono, o passano oltre nel silenzio di tutti.