Rubriche

la traduzione del 14 febbraioLa libertà del nostro tempo

Luigi Miraglia martedì 21 febbraio 2017
«Chi, allora, vive come vuole se non chi vive rettamente?» (Cicerone, Paradoxa stoicorum 5,34)
Dobbiamo ricordare con animo gratissimo, per Ercole!, chi ha rivendicato con gran dispendio di forze e sangue quella libertà, grazie alla quale si dice che il nostro tempo fiorisce sugli altri. Essi certo, ritenendo ogni servitù indegna per l'uomo, hanno fatto di tutto per rompere le catene del corpo, per riconsegnare gli animi al proprio arbitrio, per sottomettere le leggi solo al nome della libertà. Furono grandi uomini e grandi furono i loro animi, che non solo sono stati capaci di tanto progetto, ma anche suoi artefici.
Tuttavia, se ripenso tra me e me quali esiti abbia avuto così gran vittoria, dubito spesso se siamo degni eredi di tanto grandi padri. Si pensi, ad esempio, alla servitù, che quelli vollero fosse anzitutto cancellata: negheremo che molti uomini ne siano ancora oppressi, anche se sotto altro nome? Tuttora vedo padroni forse più moderati, ma non più miti, che legano gli operai con debiti anziché con catene o minacciano invece di altre pene la povertà perpetua che tutti noi, difensori della massima libertà, sembriamo temere più della morte.
Che dire poi della sacrosanta libertà d'espressione? Per gli Stati non è mai esistito nulla di più atroce o nocivo della feroce arroganza dei tiranni, a causa della quale essi permettono di dire solo ciò che vogliono sentire. Certamente era giusto respingere, anche combattendo, quest'usanza obsoleta, e tenerla lontana dai confini della libera repubblica. Ma non so se quegli illustri promotori della libertà abbiano mai avuto in mente insolenza sfrenata che ora usiamo ovunque per parlare, o meglio per blaterare in pubblico.
Anzi, dirò anche di più: indulgendo a tal sfrenatezza, non abbiamo affatto cura della libertà, ma palesemente ci opponiamo ad essa. Infatti, quando parliamo mossi dal capriccio più che dalla ragione, che cosa facciamo se non obbedire come schiavi alla nostra parte peggiore? Non facciamo forse lo stesso del tiranno bramoso d'ascoltare solo cose gradite, quando preferiamo chiudere le orecchie a chi vince con i suoi argomenti, e invece ascoltiamo volentieri altri che ci blandiscono?
Ripensiamo con animo grato a quei liberatori; ma dobbiamo anzitutto ricordare che non faremo loro mai nulla di grato se la libertà, che abbiamo ricevuto in eredità, non ce la procureremo da noi stessi.