Il forum mondiale dell'agricoltura che si sta svolgendo in Expo ha preso di punta un problema e un obiettivo: ottocento milioni di individui con fame cronica e una soluzione entro 15 anni. Un proposito ambizioso, che porta a mostrare la tanto evocata anima, o contenuto. Ieri il ministro Martina ha scelto queste pagine per presentare in prima persona gli obiettivi del forum e, in un passaggio del suo scritto, di fatto, ha detto cos'è l'Expo: l'occasione di conoscenza. Eh sì, perché ci si può scervellare parecchio su come arrivare alla fame zero nel 2030, ma se non si guarda al problema della scarsa redditività della terra nei Paesi in via di sviluppo, dove vive ancora un'agricoltura domestica, tutto rimane al palo.E qui il pensiero torna allo spreco, ma non solo alimentare, che registra numeri impressionanti, ma allo spreco delle governance. E mi spiego: esiste una prassi immorale che accomuna amministrazioni di ogni ordine e grado, come se comandare fosse un Monopoli, dove al cambio di guardia si torna al Via. Tutte le risorse, il tempo, le intelligenze messe a profitto di un progetto vengono relegate in un cassetto. E si ricomincia da capo secondo il principio non del bene comune ma della visibilità del nuovo amministrante. E se in Francia una legge ha deciso di multare gli sprechi alimentari, perché qui non si promulga una legge sullo spreco delle governance che smentiscono i lavori di chi li ha preceduti? Ora, l'attuale governance di Expo è frutto di vari e tormentati passaggi che hanno prodotto, malgrado gli attuali protagonisti che di fatto hanno colmato un vuoto, ritardi cronici.Ma trovarsi dopo 9 anni a scoprire che i temi di oggi erano all'ordine del giorno dei lavori del comitato scientifico per la candidatura di Expo, un po' fa pensare. Quanta polvere hanno accumulato quei confronti coi Paesi del mondo, quei viaggi e quegli scambi che arrivarono fino a ipotizzare progetti di cooperazione internazionale? Di quel comitato scientifico, da testimone diretto, ricordo la messa a fuoco di tanti problemi ai quali la conoscenza poteva già abbozzare risposte. Scoprire l'insorgere di patologie tipiche dei Paesi benestanti in quelli in via di sviluppo, come l'obesità, ad esempio, fu una sorpresa, che metteva a fuoco il problema di quale aiuto reale hanno bisogno i popoli. Non certo uno sradicamento delle abitudini, ma un potenziamento dei saperi che mantenevano un certo equilibrio. Il nodo della questione sta lì: non abbandonare la terra per accettare passivamente il cibo da qualunque potenza, ma far fruttare una risorsa per garantirsi l'indipendenza in un ecosistema. Da questo punto di vista l'Expo l'anima l'ha sempre avuta. Poi s'è un po' persa sotto le polveri dello spreco intellettuale. Ma è positivo pensare che da lì si può ripartire. Ed il forum di queste ore potrebbe andare in quella direzione. Ce lo auguriamo.