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La tecnica non spaventa, chi vuole sfruttarla per i suoi scopi invece sì

Alfonso Berardinelli venerdì 18 dicembre 2015
«Evviva la tecnica». Con questo titolo più comico che promettente, con cui si rende caricaturale l'ottimismo di chi ha scritto l'articolo, il biologo Edoardo Boncinelli, l'ultimo numero della “Lettura” ha annunciato in prima pagina una cosa che non sapevamo: oggi i critici e i nemici della tecnica sarebbero in Italia la maggioranza, quindi un vero pericolo per la nostra cultura. A osservare le cose dal vero, mi sembra che risulti esattamente il contrario. «Certi professori» ispirati da Martin Heidegger e da Emanuele Severino, o troppo attratti da brutte cose come «l'interiorità, la spiritualità o la bellezza», secondo Boncinelli stanno negando l'importanza della tecnica nell'evoluzione dell'homo sapiens e in tutta la storia umana. Questo sarà vero per Heidegger e Severino secondo i quali, con errore opposto e analogo a quello di chi le idolatra, scienza e tecnica sarebbero “essenzialmente” una cosa sempre uguale a se stessa, dall'aratro alla bomba atomica, dal fuoco all'informatica.Il problema è però un altro, anzi sono due. Il primo è che la natura delle cose è tale che cambia di segno, da positivo a negativo, quando si supera di troppo la misura, quando una concreta, valutabile utilità diventa un imperativo, un dogma, un vizio e fanatismo di massa che muta l'intera vita umana, trasforma i mezzi nell'unico fine e con la promessa di accrescere la libertà, la limita e la paralizza. Oggi la produzione e il consumo di tecnologie non smettono di aumentare, diventano una gabbia che altera e limita il contatto con la realtà fisica e umana. Ma la causa (ecco il secondo problema) non è l'essenza della tecnica, è piuttosto un capitalismo senza freni né limiti che ha bisogno di allargare all'infinito il mercato trasformando gli esseri umani in un'appendice delle macchine, enormi o minime. Nella comunicazione, per fare un solo esempio, il gesto tecnico di comunicare tende a prevalere sul contenuto. Se si comunica di continuo, nessun contenuto ha più tempo e modo di formarsi. Inoltre quando la tecnica è in grado di distruggere il nostro habitat e il nostro pianeta, la sua dismisura è un evidente pericolo. Nel nostro Occidente illuminista e progressista, lo sviluppo economico-tecnico è diventato da tempo l'unico scopo e valore. La nostra cultura umanistica laica si sta dimostrando ormai incapace di esercitare una critica sensata all'uso capitalistico della tecnoscienza. Comunque, né evviva né abbasso la tecnica. Meglio sapere se e a che cosa ci serve, se altera il funzionamento della mente e peggiora la società umana, se minaccia la nostra capacità di vedere e vivere le cose secondo ragione, libertà, umanità e buon senso.