Partita dagli Stati Uniti grazie all'iniziativa di Joe Biden, l'idea della tassa minima globale da applicare alle multinazionali potrebbe essere sposata a breve dagli altri Paesi avanzati. I ministri delle Finanze del G7 ne stanno discutendo ufficialmente nel summit in corso a Londra, e dalle segrete stanze filtra un clima molto più "favorevole" a questa rivoluzione fiscale rispetto a qualche mese fa. Per due motivi chiari e convergenti : da una parte la lotta alla pandemia e i piani di rilancio delle economie richiedono (oggi) ingenti risorse e (domani) adeguate coperture per bilanci pubblici prosciugati che devono far fronte ad un ruolo dello Stato sempre più esteso, dall'altra le grandi difficoltà di cittadini, professionisti e imprese moltiplicano l'attenzione delle opinioni pubbliche nazionali verso gli insopportabili vantaggi fiscale goduti attualmente da colossi globali, che lasciano soltanto briciole sui territori in cui vendono i propri prodotti e servizi. La "global minimum tax", indicata come misura prioritaria dall'OCSE fin dal 2019, imporrebbe un'aliquota minima di tassazione sotto la quale nessuna società può scendere in nessun Paese in cui è presente. Di conseguenza il tema centrale, molto discusso, diventa il livello al quale fissare l'aliquota. Biden aveva proposto inizialmente il 21%, una soglia ritenuta alta da alcuni "paradisi fiscali" europei: in Irlanda, ad esempio, l'imposta sulle società è pari oggi al 12,5%. Ecco perché l'ultimo rilancio della Casa Bianca individua un'aliquota globale minima del 15%. Con questo scenario, il gettito fiscale europeo crescerebbe di 50 miliardi ogni anno. Mentre se per ipotesi si approdasse ad una tassa del 25% - ipotesi non peregrina, visto che si tratta dell'aliquota fiscale per le società più bassa tra i Paesi del G7 (ad eccezione del Regno Unito) - le entrate dell'Unione aumenterebbero ogni anno di 170 miliardi di euro.
Pochi sanno, peraltro, che l'istituzione di una tassa minima globale sulle società converrebbe soprattutto all'Europa. A quantificare i benefici della "global corporate tax" è uno studio dell'Osservatorio Europeo sul Fisco, creato presso l'Ecole d'Economie di Parigi: «A seconda del tasso che verrà deciso e dei possibili scenari, il gettito fiscale europeo potrebbe aumentare tra il 13% e il 50%» scrive Gabriel Zucman, direttore dell'Osservatorio. Dalla Vecchia Europa, dunque, è lecito attendersi nelle prossime ore un segnale forte e innovativo in direzione della proposta partorita dalla Casa Bianca. Perché in questa complessa partita è in gioco molto più del bilancio comunitario, dal valore (oggi molto sentito) della giustizia fiscale al riequilibrio del rapporto tra politica ed economia. Attendiamo fiduciosi.
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