La svalutazione del lavoro e il ruolo della politica
Nella visione del professor Prodi, la radice più profonda della crescente disuguaglianza che si registra nel mondo occidentale (e che determina in ogni angolo d'Occidente rabbia sociale e populismo politico) è la "svalutazione" del lavoro. Tartassato oggi – non solo in Italia – dal fisco che invece privilegia le attività finanziarie a causa della concorrenza causata dalla mobilità dei capitali, messo in crisi dall'avvento delle tecnologie che bruciano occupazione di livello medio-basso senza creare nuove opportunità di lavoro, emarginato dalla crisi dei sindacati e della contrattazione collettiva. Insieme alla centralità del lavoro, peraltro, sta crollando la classe media che è stata costretta a rinunciare al suo ruolo-guida nelle società europee.
Ma come si può difendere il valore del lavoro e ricreare un sistema di "par condicio" delle opportunità per i nostri giovani? Puntando risorse e attenzione politica sulla formazione: la scuola e l'università sono l'unico luogo nel quale è possibile riattivare quell'ascensore sociale, che aveva fatto le fortune dell'Italia negli anni Sessanta e Settanta e che oggi appare totalmente inceppato. Così come il welfare europeo è il grande patrimonio del Novecento che, nella visione di Romano Prodi, è assolutamente necessario traghettare e difendere nell'Europa dei prossimi anni. Provare a raddrizzare il piano inclinato della disuguaglianza e della marginalizzazione del lavoro è, dunque, la nuova missione della sinistra riformista in Occidente. La speranza è che quella italiana sappia far propria questa complessa sfida.