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La strategia di Yael e dei soldati «tiktoker»

Gigio Rancilio venerdì 3 novembre 2023
Yael ha 22 anni. E quasi due milioni di follower su TikTok. Succede se sei una modella giovane e bellissima. Tutto normale, quindi. Col solito campionario di video con balletti, sguardi da star e canzoni alla moda in sottofondo. A fare la differenza tra lei e tante altre sue coetanee sono due cose: il luogo dai quali gira i suoi TikTok e il suo outfit, cioè i suoi abiti. Perché Yael Deri i suoi balletti e i suoi video li gira al fronte e in mimetica da militare israeliana che «con orgoglio difende il suo Paese». Yael non è la sola e non è da sola. Fa parte di un progetto molto preciso. Perché «dal 2006 l’esercito israeliano è l’esercito più social del mondo», come ci ricorda Francesco Oggiano. Per capire le strategie che adotta dobbiamo ricordarci che uno degli errori più comuni che facciamo quando vediamo una scena, qualunque scena, è pensare che anche gli altri abbiano la nostra stessa reazione. Come se tutti avessimo la stessa sensibilità, la stessa capacità di indignazione e di empatia. Così finiamo per dare per scontato che quello che vediamo è la verità non solo oggettiva ma anche assoluta, indiscutibile e senza altre possibili alternative. Esistono verità così e spesso ci uniscono e altrettanto spesso ci dividono. Poi, però, c’è anche un’enorme zona grigia popolata da verità addomesticate e manipolate che serve a fare propaganda anche e soprattutto verso gli indecisi. Quindi, mentre noi davanti ai video di Yael magari ci indigniamo perché sappiamo che la guerra è sempre sangue, dolore, violenza e morte, e non certo balletti da TikTok, ci dimentichiamo che lei e gli altri soldati tiktoker non parlano a noi. Come ricorda Charlie Garnett che ha studiato il fenomeno, tutto ruota attorno a una strategia social dell’esercito israeliano molto precisa, basata su quattro punti. 1) I ragazzi soldati israeliani sui social
sono sempre molto belli, ritratti in divisa e al fronte ma mentre ridono e scherzano, come giovani qualsiasi. Come se tutto fosse normale. 2) Sono tutti simpatici, carini e uguali a tanti dei nostri ragazzi ma pronti a difendere con le armi i loro connazionali. 3) Nei loro video non accennano praticamente mai alla Palestina e ai palestinesi, e se lo fanno è solo per definirli terroristi.
4) I loro profili social vengono alimentati anche in tempi di pace, così da avere il maggior numero di follower in caso di guerra. Non è un caso che Yael e gli altri soldati tiktoker abbiano belle divise, sempre pulite, i capelli con tagli alla moda e curati e (se ragazze) un filo di trucco, anche al fronte. Serve a ricordarci che loro sono come i ragazzi “occidentali” che li guardano da casa. Non come le ragazze che vivono a Gaza in mezzo al dolore, la morte, la fame e la sete e che non hanno certo bei vestiti, bei capelli o trucchi da esibire. Non solo: hanno così poca corrente a disposizione per i loro cellulari che l’ultima cosa alla quale pensano è fare un balletto su TikTok. Yael e quelli come lei invece hanno tutto. Hanno voglia di sorridere e di ridere perché lei, anzi loro «sono nel giusto e hanno la coscienza a posto». In un video la vediamo giocare durante un turno di guardia. A metà del filmato appare un ufficiale. Avrà cinquant’anni o qualcuno di più. Ha i modi spicci. E le fa segno di smettere. Sembra uno dei tanti papà che ogni tanto anche in Italia appaiono su TikTok nei video delle loro figlie. Un altro segno di normalità. Perché accanto a tanti di noi che anche sui social cerchiamo notizie e video verità sulla guerra, tanti altri preferiscono credere che in Israele combattere sia un cosa non solo normale ma anche così bella da vantarsi, esibendola su TikTok. © riproduzione riservata