Sui giornali della scorsa settimana si è parlato molto di Dio e della Chiesa, ma in che modo?
La Repubblica (il giorno dell'Assunzione) ha presentato «il Dio degli scacchi», per il quale «ogni partita è una guerra contro l'infinito […] Ogni grande scacchista vorrebbe giocare con Dio o con la morte». Uno diceva che «avrebbe dato un pedone di vantaggio a Dio e lo avrebbe battuto». Il medesimo giorno
Libero raccontava la sconfitta della Nazionale italiana nella partita amichevole con l'Argentina: va bene che in qualche modo c'era di mezzo papa Francesco, ma scrivere che, per questo motivo, «Dio non è con noi» è abbastanza fuori luogo. Sempre
La Repubblica pubblicava (venerdì 23) un'intervista al domenicano inglese Timothy Radcliffe, teologo di qualità, e questi, pur senza uscite palesi dall'ortodossia, «invitava la Chiesa a "prendere il largo"», per esempio, su omosessualità, matrimonio dei preti, comunione ai divorziati risposati, perché «la Chiesa è di tutti». Gli dev'essere sfuggito che, il 28 gennaio scorso, papa Benedetto aveva firmato un decreto per cui, al termine del rito del Battesimo, il celebrante non dirà più che «con grande gaudio la comunità cristiana ti accoglie», ma che è «la Chiesa di Dio» ad accogliere il nuovo cristiano, perché, appunto, la Chiesa è di Dio. Lo stesso giorno,
l'Unità parlava della mancata emissione italiana di un francobollo commemorativo del poeta romanesco Gioachino Belli, nel 150° della morte. Al contrario l'hanno emesso le Poste Vaticane, nonostante che i sonetti del Belli prendessero spesso di mira, assai argutamente, Papa, cardinali e monsignori. Un rappresentante del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli rimetteva le cose a posto, facendo sapere che il francobollo italiano è già pronto e uscirà in tempo con l'aggiunta di un bel «chiudilettera» e che, se le Poste Vaticane hanno battuto sul tempo, quelle italiane è perché il Belli «fu un suddito dello Stato Pontificio». Spiegazione piuttosto debole, perché dai suoi 2.200 sonetti si deduce che il Poeta era un uomo di fede, anche se manifestata nelle maniere rudi e un po' spregiudicate dei popolani, cui egli dava voce e rime. Un francobollo è un po' come il nastrino di una campagna militare. LA FORMULA BIBLICAIl suicidio di un quattordicenne senza dubbio psicologicamente fragile e ancora alla ricerca di un "io", che faticava a manifestarsi, ha dato molto da fare ai giornali, che di lui hanno messo in mostra soltanto l'aspetto più facile da supporre: il timore di essere o di diventare omosessuale. Un ragazzo che subiva, oltre ai suoi dubbi e alle sue paure (queste ultime sono il vero significato di "omofobia": la paura dell'eguale), la difficoltà di comunicazione con i genitori e – a quanto pare – lo scherno dei compagni. Invece di sforzarsi di capirlo (a volte può essere utile anche un aiuto
post mortem), i giornali hanno scelto la strada più facile, fermandosi sulla soglia di una legge antiomofobia sbagliata e inutile. Sull'
Unità (sabato 17) lo scrittore Moni Ovadia ne parlava come di un insieme di «oziosi cavilli nominalistici e dilazioni strumentali» mentre
Repubblica invitava (martedì 13) a «educare i ragazzi a non essere omofobi». Occorre ben altro: educarci tutti ad «amare il prossimo tuo come te stesso». È una formula biblica, semplice e faticosa insieme, ma funziona ancora.