«Jim Bean aveva un fratello, una sorella e una madre. Del padre non seppe mai niente. La mamma era seria, preoccupata, sempre nervosa». Sembra l'incipit di un romanzo di formazione, ma dopo poche pagine si scopre che Jim Bean non è un ragazzo, è un tigrotto. Ottimo esordio per l'opera prima di Jimi B. Jones bolognese appassionato di rock e di fantasy (pseudonimo collettivo?). Il romanzo, Tiger Blues (Watson Edizioni, pp. 160, euro 15), è la storia di un'amicizia tra l'adolescente Axl e la tigre. Inevitabile il riferimento al film di Ang Lee Storia di Pi (2012), ma mentre nel film il legame ragazzo-tigre era contrappuntato da astrazioni sincretistiche, qui il racconto, senza polemiche, sfata alcuni luoghi comuni del politicamente corretto. Siamo a Cottonfarm, dove il severo padre di Axl gestisce un allevamento di animali per i circhi. Niente tirate sui maltrattamenti agli animali, che pure ci sono, ma può anche accadere che una tigre si trovi bene al circo che sente come la propria casa: almeno così è per Jim Beam, che impara a saltare sgabelli sempre più numerosi attraverso il cerchio di fuoco, tutto perché vuol bene a Axl, contraccambiato. Diventa una vera star circense. Poi avviene l'incidente. Jim Beam, ferito per aver osato troppo, azzanna un inserviente, e il padre di Axl decide di trasferirlo. Axl cerca di consolarlo, andrà in Sudafrica, in uno zoo safari, sarà praticamente libero. E invece… non in Sudafrica bensì in Tailandia, in un allevamento di tigri gestito da monaci buddisti sadici (non si può escludere che ne esistano), comandati da Ben Nevis, il più sadico di tutti, al servizio di un magnate americano dell'industria musicale che pensa solo ai soldi. Jim Beam soffre la fame, le vessazioni ma, più di tutto, lo tormenta il tradimento dell'amico. Anche Axl, però, era stato ingannato con la storia del Sudafrica e quando, attraverso un articolo di giornale, viene finalmente a sapere del lager tailandese, decide di recarsi laggiù per liberare il suo "gattaccio". Dopo travestimenti e traversie, di notte, Axl convince Jim a spiccare uno dei salti che l'avevano reso famoso. Adesso è libero, perché le tigri stanno bene nella giungla, e Jim Beam saprà cavarsela benissimo. Anche i monaci, dopo che Ben Nevis era stato portato via, ammanettato, dalla polizia, ormai erano liberi, «fuori dalle loro gabbie, quelle peggiori, quelle che gli uomini non vedono mai». Axl e Jim devono lasciarsi, anche perché Axl ha ormai una fidanzatina, e Jim, prima di scomparire nella giungla, dà un ultimo saluto all'americanina che, col suo violino, gli aveva socchiuso il mistero della musica. Ma l'amicizia resta. In un ultimo abbraccio si giurano: «Tu sei me, io sono te». Lasciamo la parola conclusiva a Jorge Luis Borges, grande esperto di tigri: «Il tempo è la sostanza di cui sono fatto / il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; / è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre; / è un fuoco che mi consuma, ma io sono il fuoco. / Il mondo, disgraziatamente, è reale; / io, disgraziatamente, sono Borges».