La vicenda dell'assistente personale del Papa, che organizza un traffico di fotocopie di documenti riservati fornendo a un cronista e a un editore il materiale per un libro destinato al mercato degli scandali giornalisticamente assistiti, ha indotto alcuni big della stampa italiana a trasformarsi in storici della Chiesa. Ovviamente un po' alla maniera di Dan Brown, vale a dire trascurando totalmente ciò che della Chiesa fa la vera storia anche contemporanea. Così Eugenio Scalfari ha potuto dare il via (
Repubblica, 27/5) a una collana di storie ecclesiastiche, della cui elevata qualità ecco qualche saggio. Tutto s'inizia con la morte di un Papa «in mezzo a una corte di cardinali decrepiti, di astuti procacciatori d'affari, di monache fanatiche, di nipoti parassiti», dei quali «ciascuno cercava di portar via, anche fisicamente, quanto più poteva» per poi «fuggire verso Roma su grandi automobili nere». Si tratta di Pio XII, il quale «come tutti i principi, indulse anche al populismo: riceveva – scandalo! – ogni sorta di categorie della società civile: medici, avvocati, giornalisti, ciclisti e calciatori, casalinghe, poliziotti e militari, attori e operai, imprenditori e barbieri…». Il successore Giovanni XXIII, convocando il Vaticano II, dà a Scalfari l'occasione di ricordare che nel Vaticano I «fu elevata a dogma la verginità di Maria» (testuale!). «Poi venne Montini», che «fu un papa di interregno» e, dopo Papa Luciani il breve, arrivò Giovanni Paolo II: «Un cavallo di razza, un grande, grandissimo attore» che tale fu «dalla testa ai piedi» anche «nella lunga fase della malattia e della morte». Infine, «la disperazione di Papa Ratzinger, chiuso nelle sue stanze [che] non è un grande Papa», bensì un «Papa lezioso: come il suo guardaroba, come parla, come cammina». Dopo Scalfari è la volta (28/5) di Corrado Brown, sorry, Augias che «dai Borgia a papa Luciani» vede solo «otto secoli di intrighi e di misteri all'ombra del trono di Pietro». Il venerdì 1° giugno tocca al direttore di Repubblica: Ezio Mauro. Lui si occupa della «guerra medievale all'ombra del Papa», precisando che «il "segreto" è buona parte della potestà papale fin da Bonifacio VIII», il quale però, furbissimo, «non rivelò mai il nome del suo cameriere». La collana si chiude, per ora, con un'immagine teo-zoologica: «La solitudine del Papa nella Chiesa dei corvi». E fortuna che, citando Vittorio Messori, Augias cita involontariamente anche un commento al Vangelo di Luca, in cui sant'Ambrogio parla della Chiesa «immaculata ex maculatis», incontaminata anche se di peccatori. Il che, però, smentisce la tesi di Mauro, secondo cui, «se il Papa perde credibilità, è la fine della Chiesa». Nonostante chiunque e qualsiasi cosa, il profetico non praevalebunt di Matteo (16,18) è sempre valido.UFFICIO TIMBRIQuando scrive su
Il Fatto, Furio Colombo sembra perdere lo stile misurato di un tempo. «C'è un senso solo» – così mercoledì 6 – nel milione di partecipanti, a Milano, al Family 2012: «In questa religione e in questo tempo nessun dorma sotto lo stesso tetto se non ha il certificato civile in ordine, e il certificato civile è in ordine solo se lo Stato fa quel che dice la Chiesa. Niente amori senza timbro e niente timbro senza dogma…». Evidentemente anche i superlaici come Colombo non sanno andare, su matrimonio e famiglia, oltre un timbro e un dogma (che non esiste).